SITO UFFICIALE DEL PARTITO DEMOCRATICO CIRCOLO DI VIETRI SUL MARE

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mercoledì 17 ottobre 2012

Marini: "Rottamazione inaccettabile sono pronto a restare in campo"


Intervista a Franco Marini di Fabrizio Nicotra - Il Messaggero


Franco Marini«Io non seguo l'esempio di nessuno e resto a disposizione del partito». Franco Marini non si mette a ruota di Walter Veltroni e, soprattutto, non vuole farsi da parte solo perché lo dice Matteo Renzi, «i cui toni sono inaccettabili». Seduto nel suo ufficio di Palazzo Giustiniani, l'ex presidente del Senato ha voglia di dire la sua sulle ultime novità che agitano il Pd e non si sottrae. Ribadisce che il partito ha dimostrato nei fatti di essere un tifoso convinto di Monti e della sua agenda, e tuttavia ritiene che il candidato premier del centrosinistra debba essere Pier Luigi Bersani. E insiste con la necessità di stringere un accordo con l'Udc, «fondamentale per la stabilità di un governo di legislatura». 

Presidente Marini, la scelta di Veltroni apre un problema per gli altri leader storici del Pd? Lei aveva detto che pensava di non ricandidarsi, è ancora della stessa idea? 

«Capisco tutti. E aggiungo che rispetto la scelta di Veltroni. Per quanto riguarda me, è ovvio che alla mia età pensi di smettere. E questo malgrado sia impegnato moltissimo nel partito. Voglio però dire che, per mia struttura personale, non seguo l'esempio di nessuno. Renzi dice che dopo Veltroni seguiranno gli altri? Bene, io non mi accodo. Deciderà il Pd al momento opportuno. Io non ho nessuna angoscia e qualsiasi cosa deci- derà il partito, io offrirò comunque da bere». 

Certo che la campagna di Renzi per la cosiddetta rottamazione si è fatta martellante. 

«Solo l'idea che uno possa usare questi toni e questa parola con uno come D'Alema mi manda in bestia. Quegli slogan sono una degenerazione, bisogna levarsi dalla testa l'idea che ci possa essere un uomo solo al comando con attorno gli altri che preparano i format e quelli che battono le mani. Tutti i partiti personali hanno fatto il loro tempo e, soprattutto, hanno fallito. Noi siamo un partito che litiga e discute, e forse proprio per questo siamo rimasti in piedi». 

In effetti le vostre liti sono frequenti e spesso laceranti. L'ultima riguarda Mario Monti. E' sparito dalla Carta di intenti firmata con Sel e Psi e ne è nato un caso. 

«La nostra ultima Assemblea ha votato all'unanimità la relazione di Bersani, e questa unanimità c'è stata attorno ad affermazioni del segretario che non lasciano spazio a equivoci. Le cito solo questa: ho detto e ripeto - ha precisato - che noi consideriamo la credibilità che Monti ha mostrato al mondo come un punto di non ritorno. Ai dubbiosi, sinceri o strumentali che siano - ha aggiunto Bersani - rispondo che non c'è bisogno di spiegare a noi il valore davanti al mondo di questa esperienza di governo e di questa personalità. Noi abbiamo voluto Monti - ha concluso - e lo abbiamo voluto al prezzo di una nostra rinuncia». 

E lei condivide? 

«Pienamente. Noi con il Professore ambigui non lo siamo mai stati. Se guardo ai lavori parlamentari, il Pd è quello che pratica con il premier la normalità di un rapporto tra governo e Parlamento: arrivano i provvedimenti, certo a volte chiediamo la modifica o l'aggiustamento, ma non abbiamo mai votato contro. L'esperienza di questo governo è importante, ci sono stati risultati significativi: il ruolo europeo che abbiamo riconquistato, due grandi riforme come quella delle pensioni e quella del lavoro (anche se resta da risolvere il grave problema degli esodati). Ci sono questioni sulle quali l'esecutivo sta lavorando concretamente: l'efficacia e l'efficienza della pubblica amministrazione, il piano per le infrastrutture, la lotta all'evasione. Altre andranno affrontate: un intervento sul debito per abbassare lo spread; Elsa Fornero parla giustamente di un intervento sul cuneo fiscale. Insomma, l'agenda Monti è questa e lo stesso Stefano Fassina ha detto sabato alle piccole imprese che noi non vogliamo smontare quello che Monti ha fatto, ma migliorarlo andando avanti con risposte più puntuali, rimettendo il lavoro al centro delle preoccupazioni. E allora dov'è questo rapporto così faticoso che noi avremmo con Monti? Io non lo vedo. Certo sarebbe stato meglio che nella Carta di intenti ci fosse un richiamo al Professore, ma il problema vero è un altro». 

E quale? 

«Si parla tanto di Monti dopo Monti, ma io chiedo: può un partito, rimasto in piedi in questo Tsunami che travolge la politica e che i sondaggi danno intorno al 28%, non avere l'ambizione di riportare la politica al governo del Paese avendo l'orgoglio del proprio ruolo? La mia risposta è no. Monti avrà comunque un ruolo di primo piano nella politica italiana, ma noi abbiamo l'ambizione di costruire una coalizione che vinca le elezioni e che governi». 

Con Bersani a Palazzo Chigi? 

«Certo. In Europa non c'è Paese in cui il candidato premier non sia il capo della forza maggiormente rappresentativa. E io ho la speranza, e mi sembra fondata, che il Pd possa essere il primo partito italiano la sera delle elezioni». 

Ma, se anche così fosse, non basterà l'alleanza con Vendola e i socialisti per governare. 

«Per questo noi dobbiamo riagganciare Casini, riaprire il dialogo con l'Udc. Sono fiducioso perché Bersani, al quale viene rimproverato di non avere lo scatto del velocista, nel mio giudizio ciclistico è un ottimo passista. Non si stanca, ha le gambe robuste e i polmoni pure. Quindi continua a pedalare. E io ritengo che pedali verso questa indispensabile alleanza con i centristi. Del resto in Sicilia siamo alleati con l'Udc e spero lo saremo anche nel Lazio». 

E se le primarie le vincesse Renzi? 

«Se, per astratto, dovesse prevalere, secondo lei il Pd resterebbe quello di prima? Io, che alla mia età devo sempre dire ciò che penso, sono convinto che un'ipotesi del genere non sarà indolore: per il partito e per il Paese».

Fonte: Il Messaggero

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