PRESENTAZIONE ALLA FELTRINELLI MARTEDI' 18 SETTEMBRE
La vita, il lavoro, la morte del giornalista assassinato
26 anni fa nel volume pubblicato da Giulio Perrone

Ma non c'è solo l'angosciante amarezza per la morte di un collaboratore non ancora assunto nel racconto che i giornalisti fanno di Giancarlo Siani. Certo, quella è una tra le chiavi di volta - ma per addetti ai lavori - che spiega il ricordo vivo nella terra del precariato e del relativo qual è quella napoletana. Giancarlo Siani è vivo nella mente di molti giornalisti perché la sua fine consente di non abbandonare quegli anni, quel clima, quei ricordi che costituiscono ancora un validissimo riferimento per il racconto delle cose di oggi. Bruno De Stefano in «Giancarlo Siani, passione e morte di un giornalista scomodo» (Giulio Perrone Editore) racconta con un ritmo incessante quel caso. (Sarà presentato alla Feltrinelli di piazza dei Martiri, Napoli martedì prossimo ore 18,30).
La vita, il lavoro, la morte e la ricostruzione delle verità processuale di Giancarlo Siani tengono insieme un filo che si lega con le incursioni nei particolari che aggiungono riflessione alla storia ricostruita, un racconto che improvvisamente si annoda alla lettura di Napoli, della su provincia, del suo giornalismo e della sua malavita di quegli anni che arrivano fino a contaminare questi del primo decennio del Duemila. Il libro di De Stefano consente un valutazione completa di ciò che «il caso Siani» è stato ed è ancora. Tra i meriti assoluti del lavoro di De Stefano c'è quello di articolare la narrazione della storia attraverso l'esibizione di documenti relativi al suo dipanarsi dentro e fuori le aule di giustizia. Perché il «caso Siani» ha una sua verità processuale, ma non è chiuso. Lo dimostrano le reazioni alla pronuncia di quel cognome, le reazioni al ricordo di quegli anni e alle storie di quella malavita organizzata. Ecco perché immergersi con De Stefano nella trama di questa storia significa far vivere un racconto che non sarà di morte. I quattro colpi esplosi contro Giancarlo Siani quella sera del 23 settembre 1985 al Vomero non hanno potuto fermare niente. Neppure la scomodità di un ricordo di una persona e di un periodo storico che qualcuno si è illuso di eliminare con la fine di un vita. Il giornalista scomodo resta. Le verità, pure.
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