SITO UFFICIALE DEL PARTITO DEMOCRATICO CIRCOLO DI VIETRI SUL MARE

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venerdì 28 settembre 2012

Bersani: Monti resta una risorsa ma decidono le urne e una maggioranza politica


Colloquio con Pier Luigi Bersani di Goffredo De Marchis - La Repubblica

Pier Luigi Bersani
«Non possiamo vivere nell'eterna emergenza. Dobbiamo ritrovare la normalità. Altrimenti il vero rischio è dare per scontato che la politica non è in grado di offrire soluzioni». La macchina di Pier Luigi Bersani corre verso Salerno. Il segretario risponde al telefono e mette i paletti rispetto all'ipotesi del Monti bis che oggi è molto più di un miraggio, è una proposta messa sul piatto dallo stesso presidente del Consiglio. Il primo timore del segretario è che il passo del Professore conduca il Parlamento verso una nuova legge elettorale proporzionale, quella delle mani libere, quella che non esprime subito un vincitore, una maggioranza, un programma. «A chi punta alla balcanizzazione del quadro politico attraverso la riforma del Porcellum, voglio dire chiaro e tondo: non spunterà nessun governissimo, verrà fuori la palude invece». 

Bersani da mesi prepara la corsa per Palazzo Chigi. Deve passare ancora per le primarie ma è d'Italia, della nostra crisi «serissima» che si occupa, soprattutto. Lo ha fatto anche negli ultimi due giorni incontrando i sindacati e la Confindustria. E la sfida con Renzi, quando discute con le parti sociali, sembra l'ultimo dei suoi problemi. Oggi però il problema è l'emersione di un fiume carsico piuttosto gonfio: la conferma di Monti a Palazzo Chigi. Che condizionerà trasversalmente i partiti, e aprirà nuovi scenari anche nel Partito democratico. «Ma una politica che si mostra impotente non aiuta l'Italia al cospetto del mondo. In tutto il pianeta il governo si decide con le elezioni, perché da noi dovrebbe essere diverso?». E se qualcuno, continua Bersani, «pensa di prenotare le elezioni rendendole praticamente inutili, magari immaginando che io debba fare una maggioranza con Berlusconi o con Grillo, mi riposo, salto un giro». 

Non sono buone quindi per Bersani le notizie che arrivano da New York. Possono condizionare il suo tentativo di scalata al governo. «Alle delegazioni che incontro in questi giorni ripeto sempre: abbiamo conquistato un profilo di autorevolezza, di sobrietà e di credibilità grazie a Monti. Non possiamo perderlo, non torneremo indietro. Monti non tornerà alla Bocconi e non andrà in pensione. Non deve farlo. Servirà ancora al Paese e va preservato. L'ho detto in tutte le salse». Però al passaggio automatico da un governo tecnico all'altro spruzzato magari di un po' di politica, non ci sta. «Chi l'ha detto che i partiti non possono fare le riforme? È una sciocchezza. La politica deve recuperare trasparenza, il rapporto con i cittadini. In questo senso, una nuova legge elettorale è vitale. Ma alludere alla prospettiva del bis dà per scontato che nessuno sia in grado di offrire soluzioni politiche per questo Paese. E questo è un rischio». 

Molti vedono Bersani come il primo sconfitto dopo l'"autocandidatura" di Monti. Le parole del segretario però non danno questa impressione. Nella sua testa un ruolo per il Professore c'è, eccome. «Monti è una risorsa del Paese. Ma se vuole continuare senza maggioranza politica, gli dico che non è possibile. Questo è il punto basico, tutto il resto viene dopo». Durante i colloqui con le sigle sindacali e con le imprese, Bersani osserva che «il giudizio sul profilo del governo è condiviso: la sua credibilità, la politica del rigore sono punti di non ritorno». Come lo è l'europeismo. «Nessuno vuole deragliare rispetto all'Europa, anche se l'aggancio alle linee della Ue comporta problemi». Eppure il segretario si è sentito chiedere «qualcosa di diverso da quello che fa oggi il governo». Racconta che lavoratori e imprese «si lamentano perché lo vedono impegnato sulla frontiera del rigore, e va bene. Ma in termini di percezione del reale e di ascolto resta lontano dalla vita quotidiana della gente». I rappresentami dei lavoratori e degli imprenditori chiedono «politiche industriali, risposte sugli esodati, sulla Fiat, sulle crisi aziendali. Le imprese aspettano pagamenti che sono promessi ma non arrivano mai». La soluzione, dice Bersani, è «coniugare un rientro progressivo del debito e un po' di stimolo all'economia, trovando risorse, aiutando gli investimenti, cercando accordi per la produttività che passino anche dalla flessibilizzazione del lavoro». 

Lo scenario che viene fuori parlando col mondo reale è drammatico. «Nessuno di quelli che ho visto vede un allargamento dell'orizzonte, uno spiraglio. Dopo l'estate il ripiegamento è evidente». E certo, tutti «credono che la serietà di Monti vada preservata, ma dicono anche che c'è bisogno della politica. Ripulita, riformata, ma politica». Dalle parti sociali, Bersani ottiene la garanzia che non si faranno incantare dalle promesse berlusconiane o dai proclami di Grillo. «È un coro unanime: stavolta non si possono raccontare favole. Lavoratori e imprenditori mi hanno detto che contesteranno chi la spara più grossa». Ma adesso la campagna elettorale presenta un elemento in più: l'ipotesi del Monti bis.

Fonte: La Repubblica

I difetti del Titolo V, intervista di Bersani al Sole 24Ore


Pier Luigi Bersani - Il Sole 24 Ore


Bersani
Caro direttore, 
ho apprezzato il suo editoriale di ieri. Il tema di un riassetto delle autonomie in Italia c'è tutto. Non c'è dubbio che sotto l'offensiva culturale e politica della Lega degli anni '90 in favore del secessionismo, ci sia stata una iniziativa legislativa, anche da parte del centro-sinistra. 

Questa iniziativa ha avuto aspetti positivi da non dimenticare, ma anche aspetti non coerenti, e talvolta anche scomposti, in materia di decentramento. 

La riforma del Titolo V ha avuto almeno un paio di difetti. Innanzitutto non ha fissato un equilibrio bilanciato tra le responsabilità delle autonomie e il ruolo dello Stato. Sono stati sovrapposti poteri e competenze ed è esplosa la legislazione concorrente, rendendo difficile la vita a cittadini e imprese, aumentando costi e inefficienze, intasando di contenziosi la Corte Costituzionale. 

Gran parte di questi problemi sono stati il frutto di una attribuzione delle varie competenze più in una chiave giuridica che nella consapevolezza della realtà organizzativa delle singole materie. Faccio solo l'esempio dell'energia: vedendo come sono state ripartite le competenze si capisce bene che chi ha fatto la riforma non sapeva come funzionano i fili elettrici. 

Il secondo difetto del Titolo V è stato nella mancanza di una visione e di un disegno organico di riforma. Non si è visto che il sistema doveva avere una coerenza d'insieme. 

L'Italia oggi ha più di ottomila Comuni, un livello amministrativo intermedio da ripensare radicalmente, le aree metropolitane da interpretare, mentre continua a mancare una Camera delle autonomie. In questo ambito le Regioni hanno finito spesso per riproporre una centralizzazione a livello periferico, hanno acquisito un ruolo troppo esclusivamente gestionale, hanno in diversi casi smarrito la strada di un corretto ed equilibrato rapporto tra Presidenti e Consigli regionali. Un fattore, quest'ultimo, esemplificato da quella definizione orribile di 'governatore' attribuita nel linguaggio comune al Presidente della Regione. Io mi sarei offeso se mi avessero chiamato governatore. 

La nostra proposta, allora, è di mettere mano a una riforma organica dell'intero sistema nel quadro della revisione della seconda parte della Costituzione. Stavolta però in modo effettivo ed esigibile. All'inizio della prossima legislatura bisogna dar vita a uno strumento di rango costituzionale che abbia come suo obiettivo l'elaborazione di un disegno complessivo di riforma, che intervenga su tutti i livelli di governo. 

Mentre si lavora a questo intervento complessivo, intanto, è possibile anche una ricerca di efficienza e di razionalizzazione più immediata. Ho apprezzato il segnale che hanno voluto dare ieri le Regioni in termini di sobrietà della politica, con proposte concrete di taglio dei costi e di semplificazione. È una strada che va percorsa subito e con decisione, utilizzando anche gli strumenti a disposizione del governo. 

Un ultimo punto: il riassetto più complessivo del sistema delle autonomie non deve tradursi in una nuova centralizzazione. Il pendolo non deve passare da un estremo all'altro. Serve una riforma razionale che ricerchi l'efficienza in un giusto equilibrio. Non possiamo lasciare il centro impotente davanti ad evidenti segnali di scollatura che arrivano dalla periferia, ma non possiamo neppure dare compiti gestionali al centro. Il centro deve poter stimolare, e se necessario arrivare ad imporre, le migliori pratiche regionali, svolgendo un ruolo di supporto per far fare passi in avanti al sistema. 

Si prenda la Sanità. Nel complesso quella italiana, pur con tutti i problemi, è considerata tra le migliori nel mondo, tenuto conto del rapporto tra costi e benefici. Però c'è una profonda distanza nella qualità dei servizi tra le diverse Regioni. Il ruolo del centro qui non può certo essere quello di gestire gli ospedali da Roma, ma deve poter intervenire per garantire che tutti i cittadini italiani godano dei migliori servizi e delle migliori pratiche già sperimentate in molte aree del Paese. 

Quello che vale per la sanità, deve valere per qualunque altra materia. Servono risposte funzionali settore per settore. Perciò la prossima volta, quando si rimetterà mano a tutto questo, chiameremo sì i giuristi a dare una mano, ma dovranno dire la loro anche gli esperti di ogni singola materia. E dalla nostra capacità di ascoltarli dipenderà l'efficacia di una revisione profonda che deve avere il cittadino e l'impresa al centro delle nostre preoccupazioni.

Grande Bersani e grandissimo De Luca uniti per il Sud


LA POLITICA

Ovazione per il sindaco che appoggia platealmente il segretario del Partito democratico

dal nostro inviato CONCHITA SANNINO
SALERNO –  Appoggia platealmente Bersani, ma lo avverte. Da un chiaro alt all' "amico Matteo" Renzi, ma ne comprende "l'atto di rottura", ovviamente "fino a un certo punto". Uno show (con punte di autentico teatro) di oltre due ore. Un bagno di folla e ovazioni che ieri sera, a Salerno, finisce con baci e abbracci tra il sindaco Vincenzo De Luca e il segretario Pd Pierluigi Bersani. 

Sul palco di Salerno, al Grand Hotel, ci sono solo un tavolo tre sedie e le bottigline d'acqua (con loro il giornalista Claudio Sardo), proprio alla vecchia maniera. Niente a che vedere con i frammenti video di Obama e Troisi e il ritmo di Renzi sul palco napoletano, l'altra sera. Eppure qui , incollati nella sala, ci sono quasi 2500 persone anche pigiati sul palco, seduti sui braccioli e sdraiati sulla moquette.  E Bersani e De Luca, sotto l'artigianale cartellone dove il sindaco ha fatto scrivere “Cambiare tutto” , giocano in casa e fanno il pieno di applausi e calore. Parlano – soprattutto – di primarie e di sud (ma poi anche di Monti-bis, della vergogna regione Lazio, della legge corruzione che, dice Bersani, "se non riusciamo a vararla adesso sarà la cosa che faremo il primo giorno") .

"Provo molto disagio per questa storia delle primarie", comincia De Luca sull'argomento, e certo non si riferisce al fatto che la sua posizione era apparsa ambivalente, specie dopo che il suo fedelissimo assessore Bonaiuto aveva partecipatoa Firenze a un incontro di Renzi. Ma 
stasera il sindaco-sceriffo sembra sgombrare ogni equivoco. Primo: "Chi vuole parlare di rinnovamento radicale in questo partito deve mettersi dieci passi dietro a De Luca, che sta battendosi per questo da anni e  in solitudine".


Secondo: "Ho conosciuto dei trentenni che erano delle mezze pippe, o che erano dei portaborse già corrotti. A me non interessa se i dirigenti di partito del futuro hanno 30, 40, o 50 anni, mi interessa che conoscano la fatica della militanza, del territorio, del sudore che comporta la giusta ricerca del consenso". Ovazione. Infine: "Vedo che da quel lato c'è quel Giorgio Gori...rispetto tutti, ma non lo vedo mio discussore politico francamente". Altri applausi.

Ma poi viene anche il turno del segretario che gli sta accanto: "Ma vogliamo parlare di come ti presenti, tu però? Fattelo dire...", dice De Luca. Bersani un po' incassa, e molto ride. 

De Luca affonda: "Intanto vai in tivù con quel sigaro a volte: ma chi ti consiglia? A parte che sei un marito morigerato, non hai neanche la creatività di Bill Clinton...Scherzi a parte, io non condivido questa scelta della segreteria nazionale di imbarcarci in questa avventura. Ma è surreale che stiamo facendo un congresso tra noi senza indire un congresso. E poi scusate: c'è una regola dello statuto che dice che il segretario è anche il naturale candidato premier? E allora? Le regole per me valgono. Quanto al futuro, noi non vogliamo deputati e senatori che vanno a fare la vacanza a Roma per 4 o 5 anni, o gente che se parla è solo per dare fastidio. Non vogliamo non anime morte". 

La sala esplode in un boato. De Luca poi accarezza il suo leader: "Io lo so che hai aperto alle primarie perché era giusto dare la dimostrazione di un partito non padronale, aperto alla discussione. So che sei generoso, ma fino a un certo punto. Qui c'è in gioco l'Italia". Bersani lo corregge: "Generoso. Ma non fesso, eh?". Poi snocciola la sua ricetta: "Vogliamo fare il programma prossimo partendo dal sud, il nostro slogan sarà “Il sud, cioè l'Italia” perché tutte le riforme che dobbiamo fare e che piacciono anche al nord avvantegerebbero subito il sud, fateci caso". Sulle primarie: "Siamo l'unico partito senza padroni, se ci mettiamo un po' di fiducia in questa cosa delle primarie noi ne usciremo rafforzati, credeteci".

Infine, ricordando "Una canzone che nasconde un bellissimo testo sulla memoria "Chiedi chi erano i Beatles", Bersani ribadisce che  il partito "si rinnoverà" ma "dobbiamo sempre ricordarci da dove veniamo, che siamo noi, non possiamo – grida due volte – non possiamo diventare di plastica". De Luca: "Lui non è Clooney, io non sono Brad Pitt. Ma insieme vi faremo impazzire". Ovazione, fine dello show.
(da La Repubblica.It)
 

De Luca dice sì a Bersani. E Bersani: Verrà a Roma con me




di Angela Caso

«Io non sono Brad Pitt, lui non è George Clooney. Se non siete esigenti da un punto di vista estetico, vi faremo impazzire». Con questa punta di ironia Vincenzo De Luca ha ufficializzato il suo accordo a Bersani alle prossime primarie strappando l’applauso più fragoroso della serata.

E il segretario da parte sua ha assicurato che «il nostro governo farà leva sull’apporto degli amministratori». Si spalancano, quindi, le porte di Roma per il sindaco di Salerno per il quale, molto probabilmente, in caso di una vittoria del centrosinistra ci sarà un posto se non come ministro, almeno come sottosegretario, pur restando fedele al suo mandato come sindaco del comune capoluogo. E il suo ruolo sarà fondamentale per far ripartire il Mezzogiorno. «Parte da qui, dal Sud il programma per l’Italia», ha dichiarato il segretario. Non a caso in più di una volta, nel corso del dibattito, si è parlato della «svolta di Salerno».
Ma andiamo con ordine. Il segretario del Pd è arrivato in città intorno alle 18.45, prima di fermarsi al Grand Hotel, ha puntato dritto al Comune di Salerno dove ad attenderlo c’era De Luca. Il colloquio è durato poco meno di mezz’ora e, probabilmente, è stato l’occasione per mettere a punto l’accordo ufficializzato nel corso della convention. Qui i due sono arrivati separatamente intorno alle 19.20. Il primo ad entrare in sala è stato Bersani, subito dopo De Luca accolto dalla voce di Gianna Nannini, la stessa canzone che ha caratterizzato la sua ultima campagna elettorale alle amministrative. Inutile dirlo, l’applausometro ha premiato il sindaco di Salerno. Sul palco un grande manifesto con la scritta «Cambiare tutto», lo slogan delle regionali che De Luca ha deciso di far valere anche per queste primarie e per il futuro governo.
Quindi, si è partiti con il dibattito, diversi i temi trattati a volte interrotti da qualche contestazione.
Moralità. Lo spunto per parlare di questo tema è stato il caso Lazio. «Se dovessi ragionare per quanto riguarda la provincia di Salerno, altro che Lazio. Qui l’istituzione è ridotta ad un mercato, la Provincia di Salerno è un discount. Nel giro di tre anni abbiamo avuto 32 assessori. E tutti quelli che escono vanno a prendere altri incarichi, soprattutto nell’Asl. Non ho avuto piacere che la Polverini abbia concluso così la sua esperienza, ma alla fine sembrava quasi che dovessimo darle la medaglia al valor civile. E poi queste finte dimissioni... Non ci vuole niente, basta una firma. La Polverini partecipa della difficoltà di firma della Regione Campania. Qui non si muove una foglia, una firma richiede un impegno intellettuale e amministrativo di un anno e mezzo. Occorre un riequilibrio delle istituzioni, per questo dico che è stato un errore la modifica del Titolo V della Costituzione. Nelle Regioni oggi c’è il massimo del burocratismo e del clientelismo. Si consentono di fare cose inimmaginabili. Una prima svolta è avere istituzioni che decidano. Da Salerno deve partire una svolta sul piano istituzionale e politico. Ecco cosa occorre: dare centralità ai Comuni; riequilibrare i poteri; innovare la pubblica amministrazione; avere un quadro istituzionale favorevole allo sviluppo; rinnovare tutto con coraggio. Soprattutto, basta con le Province, si devono ridurre le loro funzioni a tre cose: assetto idrogeologico, protezione civile, tutela delle coste». Bersani si è detto d’accordo nel proporre una «svolta radicale» sul piano delle istituzioni e della moralità e ammette che «qualche errore lo abbiamo fatto anche noi. C’è stata una rincorsa confusa e abborracciata». E se ammette che bisogna modificare il Titolo V della Costituzione aggiunge che c’è bisogno di «pulizia nelle istituzioni» e questo significa legge anti-corruzione e legge sui partiti perchè «le cose che abbiamo visto in questi giorni non devono più succedere».
Mezzogiorno. De Luca ha ribadito idee già espresse in altre occasioni ovvero che «il Sud è stato massacrato, rapinato, hanno distrutto il futuro dei nostri figli». Per il sindaco bisogna invertire la tendenza perchè con questa condizione di crisi si mettono «interi territori nelle mani della camorra organizzata» Per il sindaco «non è un problema di contributi o di agevolazioni», ma c’è bisogno di garantire «efficienza, sicurezza e umanizzazione dei quartieri» se si vogliono convincere gli imprenditori ad investire al Sud. «Da qui - ha urlato alla platea - vogliamo dire che siamo pronti ad accettare qualsiasi sfida di efficienza, vogliamo avere la possibilità di amministrare senza questa palude burocratica. Il Sud ha bisogno di essere accompagnato da uno Stato dinamico. Voglio parlare con i colleghi del Nord senza lamentarmi e questuare. Bisogna responsabilizzare la classe dirigente. Al Sud lo Stato non c’è come autorità che sanziona l’illegalità, non c’è come  serietà per cui si tutelano i diritti dei cittadini a prescindere dai partiti. Il Sud per lo Stato è sempre stato un bottino di guerra per finanziare clientele e partito. Dobbiamo essere capaci di testimonianza di rigore, di militanza, di dedizione. Dobbiamo insegnare ai nostri figli non come piegare la testa a chi di volta in volta ha il potere, ma come alzarla per avere dignità». Bersani ha mostrato di condividere in pieno il “De Luca pensiero” fino ad annunciare che «parte dal Sud il programma per l’Italia. Dobbiamo trovare una chiave meridionalista che riesca a parlare in tutto il paese e abbiamo bisogno di protagonisti che portano in giro questo verbo anche al Nord».
Primarie. Parlare di primarie ha significato per il primo cittadino anche ribadire le sue critiche al partito, ma è stata anche l’occasione per ufficializzare il suo appoggio a Bersani. «Non condivido la scelta della segreteria - annuncia subito - L’avventura delle primarie mi sembra surreale. Siamo partiti per una campagna senza sapere quale sarà la legge elettorale, chi può partecipare alle primarie e senza un regolamento approvato dalla Curva Sud (il consiglio nazionale del Pd ndr)». De Luca dichiara la sua contrarietà ad una modifica dello statuto. «Comprendo la situazione - dice - capisco che c’era una situazione di assedio, capisco che è stato un atto di generosità, ma le regole si rispettano». Quindi la critica che sembra indirizzata a Renzi anche senza nominarlo. «Sembra una discussione di un congresso senza che sia stato indetto il congresso. Capisco che i piani si intrecciano, ma non sovrapponibili».  Ma De Luca non si ferma qui. «Chiunque parli di rinnovamento deve mettersi dieci passi dietro De Luca» anche se ammette che data la pesantezza del partito «alla fine sembra liberatorio qualsiasi atto di rottura». De Luca chiede «un rinnovamento radicale del gruppo dirigente del partito» che non significa semplicemente ricambio generazionale ma un rinnovamento di sostanza che passa attraverso innanzitutto un legame profondo tra il gruppo dirigente e il territorio che «conosca le fatiche della vita» perchè «si possono avere anche 30 anni ed essere una mezza pippa». Il ricambio non dovrà riguardare solo il partito ma anche «chi ha avuto funzioni di governo perchè c’è bisogno di aria fresca».  Il sindaco invita a non involgarire il dibattito delle primarie, la cui conseguenza sarebbe solo quella di «immettere tossine» nel partito e scherza con Bersani sul suo modo di vestire e di porsi. «Neanche possiamo presentarci come ti presenti tu», dice sorridendo ed invitandolo ad abbandonare il sigaro e l’andatura alla John Wayne. E finalmente afferma: «Io non sono Brad Pitt, lui non è Gerge Clooney. Se non siete esigenti da un punto di vista estetico, vi faremo impazzire». Loda quindi Bersani per la sua «serietà e moralità» e invita poi i militanti a «fare le loro valutazioni in piena serenità» perchè «saremo tutti militanti, qualunque sia l’esito». Bersani non può che annuire e sorridere, ha incassato un prezioso appoggio ma non gratis. «Nel nostro governo faremo leva sull’apporto degli amministratori», promette e poi rivolgendosi a Renzi ricorda che «va bene tutto ma non accetto che un dirigente esca dal nostro campo di valori: uguaglianza, libertà e lavoro. Non dimenticate la nostra storia, i nostri valori, perchè non possiamo diventare un partito di plastica».
Dopo solo applausi e un bagno di folla.
(da RomaCronache.It)

Pd, è il giorno di Bersani: occhi puntati su De Luca


VERSO LE PRIMARIE

Cresce l'attesa per il segretario nazionale. Ma sabato apre la sede dei "rottamatori" di Renzi. Intanto Valiante jr lancia il sindaco: lui capolista naturale per il Senato

SALERNO — Si apre anche nel Salernitano la stagione delle primarie per il Pd: a dare il via a quest'atteso momento di confronto interno l'arrivo, stasera alle 19, del segretario nazionale Pierluigi Bersani, in corsa insieme al primo cittadino di Firenze Matteo Renzi per la conquista della guida dello schieramento di centrosinistra alle prossime elezioni politiche di primavera. Accanto a Bersani sul palco del Grand Hotel Salerno ci sarà anche il primo cittadino del capoluogo Vincenzo De Luca, ma la disponibilità al confronto con il leader del Pd non significa, si puntualizza dalla segreteria provinciale di via Manzo, che il sindaco abbia già deciso di sostenere la corsa del segretario nazionale dei democratici. Del resto nelle settimane scorse De Luca ha ospitato a Palazzo di Città Matteo Renzi per la presentazione del suo libro "Stil novo", giocando di rimando con gli affondi del "rottamatore" toscano. Al momento la posizione del primo cittadino di Salerno è di attesa, come in questi ultimi giorni più volte ha sottolineato il segretario provinciale del Pd Nicola Landolfi. «Domani (oggi per chi legge, nda) -ha detto Landolfi ieri ospite a Telecolore- avremo modo di capire in diretta se nel progetto di Bersani c'è spazio per De Luca, per un modello di trasformazione non annunciato, ma applicato concretamente in una realtà urbana. Se queste condizioni non dovessero esserci semplicemente continueremo a fare quello che stiamo facendo».

IL FUTURO - Ed è proprio sul ruolo futuro del primo cittadino che sembra giocarsi a Salerno la partita delle primarie. Se per Simone Valiante «De Luca è il capolista naturale del Pd al Senato» in occasione delle elezioni politiche di primavera, Landolfi sembra avere idee diverse: il segretario democratico non manca di sottolineare come il primo cittadino sia "uomo di governo" e che sarebbe "un errore" relegarlo al ruolo di parlamentare. Un ruolo nell'esecutivo nazionale in caso di vittoria del centrosinistra alle elezioni di primavera? Potrebbe essere questa la reale posta in gioco nel confronto tra Bersani e De Luca, anche se dal novero degli scenari possibili non si può certo escludere una ricandidatura per Palazzo Santa Lucia. Una nuova corsa per le regionali che più volte, nel recente passato, De Luca ha lasciato intuire come possibile, se non addirittura desiderata. Ed invero la scelta attendista di De Luca è condivisa da buona parte del Partito Democratico salernitano: solo una minima parte ha già apertamente annunciato il proprio sostegno ad uno dei due concorrenti in campo. Con Matteo Renzi si è schierato il primo cittadino di Giffoni Valle Piana, nonché consigliere provinciale, Paolo Russomando. A lui il compito di coordinare in questa fase i "rottamatori" salernitani. «Sui temi sollevati da Renzi -dice Paolo Russomando- c'è grande attenzione non solo nel partito, ma tra la gente. In questi ultimi 25 anni la classe dirigente nazionale non ha fatto altro che rinviare nel tempo la soluzione dei problemi, scaricandoli di fatto sulle spalle delle nuove generazioni: una rottura con il passato è indispensabile». Sui nomi di quanti si siano lasciati convincere dal messaggio di rottura del sindaco di Firenze Russomando preferisce glissare, rinviando all'inaugurazione della sede salernitana del comitato pro Renzi in calendario per sabato prossimo. «Sarà quella l'occasione -dice Russomando- per presentare pubblicamente chi sostiene Renzi. Ovviamente ci auguriamo che altri decidano di condividere questa scelta».

QUI RENZI - Con Renzi sarebbero schierati diversi sindaci del Salernitano, tra cui Tommaso Pellegrino di Sassano, Sergio Annunziata di Atena Lucana, Mario Sorgente di Castiglione del Genovesi, Eros Lamaida di Castelnuovo Cilento.
Sul fronte opposto Bersani potrà contare a Salerno sull'appoggio degli aderenti al laboratorio politico nato lo scorso otto settembre a Reggio Emilia "per l'unità delle forze riformiste". «Da quell'esperienza -dice Mimmo Volpe- nata per iniziativa, tra gli altri, di Guglielmo Epifani, Pietro Folena e Nicola Oddati è sorto a Salerno un comitato di sostegno per Bersani. Una scelta aliena da ogni tatticismo, fatta con l'obiettivo di radicare il Partito Democratico nell'alveo della tradizione socialista europea, sulla scorta del manifesto di Parigi firmato da Bersani nei mesi scorsi».

I SOSTENITORI - Tra gli aderenti al comitato il segretario regionale della Cgil Franco Tavella, Pietro Giordano della Fiom, Palmiro Cornetta, Nicola Pellegrino, componente della segreteria regionale dei Giovani Democratici, Alessio Cairone, Bruno Dell'Angelo, Cosimo Muoio, Pino Schiavo, Francesco Guarino. «Dal segretario del Pd - incalza Volpe- ci aspettiamo poi che riporti il Mezzogiorno al centro dell'agenda politica nazionale, è ora di rimediare, come sottolinea giustamente De Luca». Nelle prossime ore Pierluigi Bersani dovrebbe incassare anche il sostegno degli ex popolari, raccolti nella componente che fa capo all'ex ministro Beppe Fioroni. «Dal segretario del Pd -dice Simone Valiante, esponente dell'area Fioroni- ci aspettiamo proposte chiare sul futuro, ma credo che l'intesa sia ormai vicina».
Clemente Ultimo(da Corriere della Sera.It)

C'è Bersani a Salerno ma lo show è di De Luca Ovazione per il sindaco che appoggia platealmente il segretario del Partito democratico


LA POLITICA

Ovazione per il sindaco che appoggia platealmente il segretario del Partito democratico

dal nostro inviato CONCHITA SANNINO SALERNO –  Appoggia platealmente Bersani, ma lo avverte. Da un chiaro alt all' "amico Matteo" Renzi, ma ne comprende "l'atto di rottura", ovviamente "fino a un certo punto". Uno show (con punte di autentico teatro) di oltre due ore. Un bagno di folla e ovazioni che ieri sera, a Salerno, finisce con baci e abbracci tra il sindaco Vincenzo De Luca e il segretario Pd Pierluigi Bersani. 

Sul palco di Salerno, al Grand Hotel, ci sono solo un tavolo tre sedie e le bottigline d'acqua (con loro il giornalista Claudio Sardo), proprio alla vecchia maniera. Niente a che vedere con i frammenti video di Obama e Troisi e il ritmo di Renzi sul palco napoletano, l'altra sera. Eppure qui , incollati nella sala, ci sono quasi 2500 persone anche pigiati sul palco, seduti sui braccioli e sdraiati sulla moquette.  E Bersani e De Luca, sotto l'artigianale cartellone dove il sindaco ha fatto scrivere “Cambiare tutto” , giocano in casa e fanno il pieno di applausi e calore. Parlano – soprattutto – di primarie e di sud (ma poi anche di Monti-bis, della vergogna regione Lazio, della legge corruzione che, dice Bersani, "se non riusciamo a vararla adesso sarà la cosa che faremo il primo giorno") .

"Provo molto disagio per questa storia delle primarie", comincia De Luca sull'argomento, e certo non si riferisce al fatto che la sua posizione era apparsa ambivalente, specie dopo che il suo fedelissimo assessorre Bonaiuto aveva partecipatoa Firenze a un incontro di Renzi. Ma 
stasera il sindaco-sceriffo sembra sgombrare ogni equivoco. Primo: "Chi vuole parlare di rinnovamento radicale in questo partito deve mettersi dieci passi dietro a De Luca, che sta battendosi per questo da anni e  in solitudine".


Secondo: "Ho conosciuto dei trentenni che erano delle mezze pippe, o che erano dei portaborse già corrotti. A me non interessa se i dirigenti di partito del futuro hanno 30, 40, o 50 anni, mi interessa che conoscano la fatica della militanza, del territorio, del sudore che comporta la giusta ricerca del consenso". Ovazione. Infine: "Vedo che da quel lato c'è quel Giorgio Gori...rispetto tutti, ma non lo vedo mio discussore politico francamente". Altri applausi.

Ma poi viene anche il turno del segretario che gli sta accanto: "Ma vogliamo parlare di come ti presenti, tu però? Fattelo dire...", dice De Luca. Bersani un po' incassa, e molto ride. 

De Luca affonda: "Intanto vai in tivvù con quel sigaro a volte: ma chi ti consiglia? A parte che sei un marito morigerato, non hai neanche la creatività di Bill Clinton...Scherzi a parte, io non condivido questa scelta della segreteria nazionale di imbarcarci in questa avventura. Ma è surreale che stiamo facendo un congresso tra noi senza indire un congresso. E poi scusate: c'è una regola dello statuto che dice che il segretario è anche il naturale candidato premier? E allora? Le regole per me valgono. Quanto al futuro, noi non vogliamo deputati e senatori che vanno a fare la vacanza a roma per 4 o 5 anni, o gente che se parla è solo per dare fastidio. Non vogliamo non anime morte". 

La sala esplode in un boato. De Luca poi accarezza il suo leader: "Io lo so che hai aperto alle primarie perché era giusto dare la dimostrazione di un partito non padronale, aperto alla discussione. So che sei generoso, ma fino a un certo punto. Qui c'è in gioco l'Italia". Bersani lo corregge: "Generoso. Ma non fesso, eh?". Poi snocciola la sua ricetta: "Vogliamo fare il programma prossimo partendo dal sud, il nostro slogan sarà “Il sud, cioè l'Italia” perché tutte le riforme che dobbiamo fare e che piacciono anche al nord avvanteggerebbero subito il sud, fateci caso". Sulle primarie: "Siamo l'unico partito senza padroni, se ci mettiamo un po' di fiducia in questa cosa delle primarie noi ne usciremo rafforzati, credeteci".

(da Repubblica.It)

giovedì 27 settembre 2012

Stumpo: "Le regole le fa Bersani, ecco come"


Intervista a Nico Stumpo di Wanda Marra - Il Fatto Quotidiano


Le persone serie fanno quello che dicono. Noi rispetteremo i patti e lo dovranno fare anche gli altri". Lo ripete come un mantra Nico Stumpo mentre ragiona di primarie, di regole, di albi degli elettori. La sua è "la" figura chiave, come responsabile Organizzazione del Pd, un ruolo glorioso per la tradizione comunista. Con Matteo Renzi che delle regole del giocd tranquillamente se ne infischia, e mentre miete consensi su consensi, non si fa scrupolo di dire che se vince il programma lo fa lui, è un compito arduo. Ma Stumpo, che ha 43 anni e fa politica "per passione" da sempre (dai movimenti studenteschi alla Pantera, passando per il Prc e la Sinistra giovanile) ci prova con la cocciutaggine che contraddistingue gli uomini di Bersani. 

Stumpo, la legge elettorale non c'è, eppure voi parlate di primarie di coalizione. Non vi pare un po' un controsenso? 

«Abbiamo deciso che le faremo e così sarà. Non si potrà dire che abbiamo disatteso gli impegni. E non vogliamo dare l'idea di non volere la legge elettorale che diciamo, con l'indicazione del candidato premier e la coalizione». 

Ma ora questa legge non c'è. 

«E prima di novembre non ci sarà, sono pronto a scommetterci». 

E allora?

«Allora noi diremo prima del voto con chi vogliamo governare. Tra persone serie conta la parola». 

Intanto, si favoleggia che sia un continuo incontrarsi tra gli sherpa del partito per fare il regolamento. 

«Ma che sherpa! Ci sentiamo al telefono io e Roberto Reggi per Renzi. Ma sono chiacchierate, nulla di fatto. Le regole le farà un Comitato dopo l'assemblea». 

Che farete allora all'assemblea il 6 ottobre? 

«Faremo una norma transitoria, per modificare lo Statuto: così alle primarie potranno presentarsi anche altri esponenti del Pd oltre al segretario». 

Perché transitoria? 

«Perché altrimenti si cambierebbe per sempre la natura del Pd. Che senso ha che un segretario eletto da primarie magari subito dopo debba sottoporsi ad altre consultazioni per diventare candidato premier?».

Ecco appunto. Che senso ha? 

«Bersani ha espresso la volontà politica di rendere non burocratica la scelta della leadership». 

Quanti voti servono? 

«La metà degli aventi diritto (che sono 1.000) più uno». 

Lei ha parlato di albo per gli elettori e Reggi le ha dato dello stalinista. 

«Non è niente di più, né niente di meno di quello che abbiamo sempre fatto. Nella primaria del 2005 (quella che elesse Prodi), come quella che elesse candidato sindaco di Firenze, Matteo Renzi bisognava dare un contributo, sottoscrivere un progetto, e accettare che il proprio nome entrasse in un albo, a disposizione di chi volesse consultarlo».

Ma allora Renzi perché tuona contro il cambio di regole? 

«L'unico cambio è quello dello Statuto, che permette a lui di presentarsi. Noi vogliamo solo introdurre dei correttivi, nei buchi del regolamento: per esempio specificare che si tratta di centrosinistra. E poi rendere l'albo "attivo": far sì che gli elettori delle primarie possano partecipare per noi alla campagna elettorale. E stato un errore non usare quel bacino». 

Ma magari le persone vengono per votare un candidato e poi non hanno nessuna intenzione di partecipare. 

«Penso che coerentemente chi sceglie di votare a una primaria dovrebbe poi contribuire alla vittoria di quello schieramento. E lo sbarramento per i candidati? Bisogna evitare che si presenti un candidato senza volto come nel 2005. E nel 2007 dicemmo no a Pannella». 

Nel 2009 a Grillo. 

«Certo, erano primarie del Pd e lui era componente attivo di un altro movimento, come poi si è visto». 

Dunque quali sono i requisiti? 

«I candidati del Pd dovranno ottenere una percentuale deí delegati all'Assemblea, poi loro e gli altri dovranno raccogliere una serie di firme tra gli elettori. Nel 2005 erano 10.000». 

Quest'entusiasmo per Renzi non vi fa paura? Come vanno i vostri sondaggi? 

«Mah, i sondaggi. Io leggo quelli di tv e giornali...».

D'Alema ha detto che se vince Renzi finisce il centrosinistra, la Bindi che nel partito comunque non cambierà niente. Ma voi della segreteria non avete l'impressione di mettere a disposizione il vostro impegno per vedervi "scalare" il partito? 

«Io mi auguro che vinca Bersani, ma se vince Renzi lo sosterrò. E lui dovrà rispettare gli impegni». 

Ma se ha già detto che con Vendola non vuole andare... 

«Dovrà firmare prima. E le persone serie rispettano gli impegni». 

Quanto costerà tutto questo? 

«Non lo so. Ma dovrà avere carattere di sobrietà. Nessuno può fare campagne mirabolanti».

Renzi leader dei trasversali: «Primarie? Qui fu il caos»


IL SINDACO DI FIRENZE A NAPOLI

Renzi leader dei trasversali:
«Primarie? Qui fu il caos»

In platea imprenditori, giovani, democrat e pidiellini. Show da rottamatore: «Rifiuti e fondi Ue, basta sprechi»

NAPOLI — Un'ora di ritardo causa traffico (e non solo), la partita del Napoli che incombe, la sala piena, molti curiosi e qualche aspettativa di troppo, naturale che partano le battute. La migliore in attesa che si palesi Matteo Renzi al Continental è: «C'è talmente tanta gente sul lungomare liberato che se de Magistris lo sa, fa subito l'endorsement per Renzi».

QUALCOSA E’ CAMBIATO - Dopo due chilometri a piedi, il camper parcheggiato fuori dalla Ztl, Renzi arriva e trova qualcosa che a Napoli non s'è mai visto. Un melting pot di industriali, pezzi vari di Pd, infiltrati, ragazzini in età preelettorale, qualche piediellino e tanti, tanti che hanno votato de Magistris e qualcuno è pure deluso. Se dal tipo di pubblico in sala si capisce il politico, si può dire che qualcosa è cambiato anche a Napoli. In meglio o in peggio non è dato sapere, per ora, ma è già un segno.

CONTRO LA MALAPOLITICA - Lo show, ne sono piene le cronache nazionali, funziona. Anche se l'«Adesso» in polistirolo che campeggia sul palco è già smangiucchiato. C'è l'umorismo di Crozza, la mossa furba di regalare ai napoletani Massimo Troisi in «Non ci resta che piangere» (metafora della sinistra), c'è la malapolitica di Cetto Laqualunque, il sogno americano di Obama e il futuro con la sonda Nasa. Si sa, ormai, si conosce. Quel che cambia, di volta in volta, è il pubblico e ovviamente parte del discorso quando Renzi si rapporta a Napoli e al Sud. Fabio Benincasa è dell'Udc, ma il figlio tredicenne lo ha trascinato al Continental, il renziano di famiglia è lui. Manfredi Nappi è stato candidato di Lettieri nella lista giovane: «Sono qui per curiosità, ma in giro c'è fame di novità». Il segretario provinciale del Pd, Gino Cimmino, malauguratamente inserito nei turchi bersaniani non si esprime, «non sono renziano, né bersaniano, sono il segretario del partito», ma c'è. Alfredo Mazzei, tesoriere del Pd, migliorista, fa da Cicerone. Certo è che il rottamatore, arriva nella patria delle primarie dello scandalo, quelle che non si sa se sono state truccate o no, su cui pende pure un'inchiesta della Procura. Sembra un paradosso: «Lo so bene cosa è accaduto qui. Un'esperienza utile — dice —, nel senso che non deve più succedere. Occorre fare il contrario».

LE DIFFERENZE CON DE MAGISTRIS - Sul palco: «Mio figlio ha undici anni e si dichiara bersaniano, perché non vorrebbe il padre fuori casa per tre mesi. Temo che cambino le regole in corsa, ma non credo arriveranno a far votare anche i bambini». Ma è anche nella città del rivoluzionario arancione Luigi de Magistris, non proprio un suo fan. I due si sono sentiti in giornata. «Ho stima e rispetto per lui — dice il collega fiorentino —, ma credo che ci siano tra noi profonde differenze. Gli faccio comunque i migliori auguri di buon lavoro e, come ho già fatto, esprimo i miei complimenti per l'operazione del lungomare liberato». Alè, direbbe un noto conduttore televisivo. Sta sul pezzo, Matteo Renzi. Il rapporto Svimez presentato ieri è uno dei peggiori degli ultimi anni. I dati sulla disoccupazione femminile sono «indecenti», quelli Sud «tragici», ma, avverte, «non prendiamoci in giro il Sud deve cambiare». Sullo schermo compare la slide del ministero della Coesione: il rapporto sui fondi europei. «Cento miliardi di soldi nostri. Di cui sono monitorati solo 46 miliardi, 54 non si sa che fine abbiano fatto, solo 14 sono stati spesi. Ma il dato più importante sono i 473mila48 progetti. Un'infinità di rivoli. Ma dove vanno a finire i vostri soldi? In Toscana c'è un progetto di scambio di buone pratiche sull'allevamento dei cavalli. Capito?». E ancora: «È una barzelletta che si spende poco in infrastrutture. Non è vero. Seicento miliardi negli ultimi 10 anni sono tanti. Il problema qual è, che un chilometro di strada in Italia costa il doppio rispetto alla Germania, un chilometro di Alta velocità il triplo rispetto alla Spagna». Sullo schermo appare la sonda Curiosity, «che è costata alla Nasa meno della Salerno-Reggio Calabria».

I TEMI CALDI - E poi i temi caldi: «Continuare a dare vitalizi ai consiglieri regionali non è credibile. Non possono essere pagati in Campania tre volte più del sindaco di Napoli». L'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, è ormai un classico da applauso a scena aperta. Come anche la rottamazione di Massimo D'Alema, anche quella scatena l'entusiasmo nella platea. Il climax si raggiunge con questa frase: «Quattro miliardi spesi per la gestione dei rifiuti dimostrano l'indecenza della politica». Alla fine per uscire dal Continental ci mette un'altra ora e mezza. Strette di mano, giovani ricercatori, nuovi contatti in città. Il simbolo del Pd non esiste da nessuna parte. La sensazione è che con o senza primarie Renzi sia comunque in campagna elettorale.

Simona Brandolini(da Corriere del Mezzogiorno.It

Dal Mit di Boston alla festa dei picnic, le spese di Renzi ai tempi della Provincia


COSTI DELLA POLITICA

Due milioni per la rappresentanza, finanziata l'accensione dell'albero di Natale. Lui: «Al ristorante solo una volta»

Matteo RenziMatteo Renzi
ROMA - Ci sono gli alberghi di lusso e i ristoranti, le enoteche e le pasticcerie, i mazzi di fiori e il marketing. Ammontano a 2 milioni di euro le spese di rappresentanza collezionate da Matteo Renzi quando era alla guida della Provincia di Firenze, tra il 2004 e il 2009. Ma Alessandro Maiorano, il dipendente di Palazzo Vecchio diventato il grande accusatore del «rottamatore», sostiene che l'odierno avversario di Pier Luigi Bersani alle primarie del Pd di milioni ne abbia spesi 20. E dalle carte che ha consegnato alla Guardia di finanza emergono anche iniziative che a fatica si possono considerare vantaggiose per i cittadini.
Renzi in camperRenzi in camper    Renzi in camper    Renzi in camper    Renzi in camper    Renzi in camper
CIRCENSES - La crisi economica è già cominciata quando la Provincia di Firenze crea «Cento picnic - prima festa nazionale a premi dei picnic». Si tratta di una gara che si tiene nel parco mediceo di Pratolino il 6 luglio 2008. Al costo, per le casse di Palazzo Medici-Riccardi, di 40 mila euro. Più economico il contributo alla «cerimonia di accensione dell'albero di Natale 2009»: 1.320 euro liquidati il 4 dicembre 2008. La cifra è ridotta, ma per parecchi italiani è lo stipendio di un mese. Ci vogliono invece 100 mila euro per festeggiare il 30° compleanno della Pimpa, nel 2005, con uno spettacolo circense dedicato al fumetto del cane a pois disegnato da Francesco Tullio Altan.
TU VO' FA' L'AMERICANO? - Però da presidente della Provincia Renzi non si accontenta né del suo territorio, né del suo Paese: fin da allora l'attuale sindaco di Firenze guarda al di là dell'Atlantico. E sei anni fa aderisce al consorzio città digitali del Mit di Boston. Si tratta di «una piattaforma unica di condivisione relativa allo sviluppo delle tecnologie digitali applicate ai contesti urbani». La famosa università americana non sembra richiedere una quota di partecipazione, ma nella delibera di giunta 469 del 27 dicembre 2006 si legge: «Si ritiene opportuno e necessario erogare a favore del Massachusetts Institute of Technology un contributo di 40 mila euro».
NEGLI USA - Così la successiva delibera 2135 del 31 ottobre 2007 ricorda «che la Provincia di Firenze ha instaurato da tempo rapporti internazionali soprattutto per quanto riguarda il settore turistico-culturale e quello dell'innovazione tecnologica». E poiché bisogna «verificare lo stato di avanzamento delle attività avviate con il Mit», rinverdire il gemellaggio con la californiana Contea di Santa Clara (in piedi dal 1987), presentare oltreoceano il «Genio Fiorentino 2008» (edizione costata oltre 2 milioni di euro), incontrare «i rappresentanti di Cisco e Apple», l'agenzia Universalturismo viene incaricata di organizzare il viaggio che condurrà Renzi e una delegazione della Provincia negli Stati Uniti dal 2 all'8 novembre 2007. La trasferta, costata 26.775 euro ai cittadini, è stata già rimproverata al sindaco di Firenze soprattutto per la scelta degli alberghi: il «rottamatore» spende 1.859 euro al Four Seasons di Boston e 2.130 euro al Fairmont Hotel Saint José.
VIVA OBAMA - Nella visione internazionale di Renzi non possono mancare i rapporti con l'associzione Toscana-Usa onlus. Con relativi contributi. È il 16 ottobre 2008 quando la Provincia di Firenze eroga 2.505 euro per il convegno «Elezioni presidenziali in Usa». E quattro giorni dopo dalle casse di Palazzo Medici-Riccardi escono altri 12 mila euro per la manifestazione «Aspettando insieme il nuovo presidente Obama o McCain». Appuntamenti inquadrati nell'ambito delle celebrazioni «Election Night 2008».
Matteo RenziMatteo Renzi
A TAVOLA - Spulciando le carte, emerge che in due anni (da ottobre 2006 a settembre 2008) tra ristoranti ed enoteche, bar e pasticcerie il «rottamatore» ha consumato circa 53.500 euro del bilancio provinciale. Vale a dire 2.229 euro al mese. Renzi ha pagato 2.090 euro al catering Bachini e Bellini il 18 luglio 2007 ; 1.595 euro al ristorante Bronzino il 22 dicembre 2006; 1.440 euro alla fattoria Castello di Verrazzano (un agriturismo) l'11 luglio 2007; 1.213 euro al ristorante Cibreo il 6 luglio 2007; 1.760 euro alla pasticceria Ciapetti il 12 giugno 2007. E così via. Tutte spese etichettate come «di rappresentanza» e liquidate sul presupposto della loro regolarità.
«TUTTO IN REGOLA» - Renzi, attraverso il suo portavoce, si difende. Spiegando che non tutte le uscite sono imputabili a lui. I ristoranti, intanto: non ha mai frequentato, sostiene, nessuno di quelli che compaiono nelle fatture. Solo una volta ha pranzato al Cibreo «con una delegazione straniera». E in generale, precisa, le spese di rappresentanza non riguardano solo trattorie e osterie, ma anche convegni, fiori, catering... Anche sui contributi elargiti qua e là l'odierno candidato alle primarie del Pd contrattacca. Il Mit? È stata «una convenzione» che tuttora «rivendica». La Pimpa? «L'ha voluta l'assessore alla Cultura, la prima», ricorda il portavoce. Alla festa del picnic hanno partecipato le scuole, mentre l'accensione dell'albero di Natale è stata un'iniziativa nel quadro della promozione turistica. E c'erano «mille persone in piazza».