SITO UFFICIALE DEL PARTITO DEMOCRATICO CIRCOLO DI VIETRI SUL MARE

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martedì 7 agosto 2012

Beni comuni e autonomie locali. La Carta d'intenti base di lavoro per tutti



Claudio Martini
La Carta d'intenti per il Patto dei Democratici e dei Progressisti, presentata lo scorso 31 luglio da Pier Luigi Bersani, tocca più volte gli argomenti concernenti le autonomie locali.
Già nell'introduzione, nel definire i compiti decisivi della prossima legislatura, la Carta fissa l'obiettivo di "ridare autorità, efficienza e prestigio alle Istituzioni e alla politica, ripartendo dai principi della Costituzione".

Parlando poi della visione del nostro progetto si aggiunge: "Il traguardo è ricostruire quel patrimonio collettivo che la Destra e i populismi stanno disgregando: la qualità della democrazia, la dignità di ciascuno, legalità, cittadinanza, partecipazione". Sono parole chiave del governo locale del XXI secolo.

Molto incisiva è la parte dedicata al superamento della crisi della democrazia che "non si combatte con 'meno' ma con 'più' democrazia. Più nel dettaglio si dice che "riformuleremo un federalismo responsabile e ben ordinato che faccia delle autonomie un punto di forza dell'assetto democratico e unitario del Paese". E che "la politica deve recuperare autorevolezza, promuovere il rinnovamento, ridurre i suoi costi e la sua invadenza in ambiti che on le competono". E ancora: "occorrono piani industriali per ogni singola amministrazione pubblica al fine di produrre efficienza e risparmio".

La Carta disegna poi i grandi capitoli di un programma di governo nuovo. L'Europa, il lavoro, l'uguaglianza, il sapere, lo sviluppo sostenibile, i beni comuni, i diritti, a partire da una forte affermazione politica: "è tramontata l'idea che la privatizzazione e l'assenza di regole siano sempre e comunque la ricetta giusta". In ognuno di questi campi il ruolo delle autonomie è consapevolmente e coerentemente assunto, senza spezza la visione unitaria del paese ma sapendo che solo mobilitando tutte le energie dei territori si potrà farcela.

Il concetto è riassunto così, alla fine del capitolo sui 'beni comuni'. "In questo disegno la maggiore razionalità e la valorizzazione del tessuto degli enti localisono essenziali, non solo per la funzione regolativa che sono chiamati a svolgere, ma perché il presidio di democrazia, partecipazione e servizi che assicurano è in sé uno dei beni più preziosi per i cittadini. Superare le duplicazioni, riqualificare la spesa devono perciò accompagnarsi ad un nuovo e rigoroso investimento sul valore dell'autogoverno locale che, soprattutto nella crisi, non va visto, così come ha fatto la destra, come una specie di malattia ma piuttosto come una possibile medicina. A sua volta l'autogoverno locale deve offrire spazi e occasioni alla sussidiarietà, alle forme di partecipazione civica, ai protagonisti del privato sociale e del volontariato".

Riassumendo possiamo dire che si tratta di una base di lavoro chiara ed impegnativa. Tocca a noi svilupparla da adesso in modo coerente.
C'è un lavoro di prospettiva che ci aspetta: delineare, in una prospettiva europea, un assetto istituzionale che funzioni.
E nell'immediato c'è da misurarsi con alcuni nodi cruciali. Ne vediamo chiaramente almeno tre.

Uno è l'impatto della spending review sulla capacità di spesa e di investimento degli enti regionali e locali. I nodi del patto di stabilità, delle riforme fiscali, del rilancio degli investimenti sul territorio sono tutti davanti a noi. E richiedono soluzioni credibili ed efficaci.

Secondo: La riorganizzazione dei servizi locali e di loro strumenti di gestione. Tutta la legislazione governativa recente va in direzione della compressione dello spazio delle autonomie locali nelle utilities e nella gestione dei servizi pubblici. Anche l'articolo 4 del decreto sulla spending review è orientato in questo modo. C'è una grossa riflessione da fare anche per progettare un nuovo welfare adeguato ai tempi ed alle nuove tensioni della crisi.

Infine abbiamo il complesso nodo del riordino delle competenze e degli assetti. Province, comuni, aree metropolitane e Regioni. Qui ci giochiamo molto. È vero che la riforma procede in modo disorganico, che bisognerebbe avere un quadro generale. E che non affronta seriamente, in contemporanea, il problema del 'dimagrimento' degli uffici statali Ma oggi non si può ripartire daccapo. Bisogna dare una risposta che muova le cose in avanti. Del resto se ai cittadini vengono chiesti grandi sacrifici le Istituzioni e la politica ne devono fare di più grandi e trasparenti.

Abbiamo alcuni temi difficili su cui lavorare: la riorganizzazione dei Comuni, per superare i limiti del 'pulviscolo', favorendo la gestione associata delle funzioni in ogni dimensione possibile, fino alla fusione ed alla riaggregazione; il riassetto delle Province, definendo nuove mappe che corrispondano davvero alla realtà delle aree vaste, senza paralizzarsi per gli anacronistici contrasti di campanile sulla scelta dei nuovi capoluoghi; il varo reale delle Città metropolitane, da vivere come proiezione in una dimensione europea, dove le agglomerazioni urbane svolgono una funzione di traino di tutta l'economia nazionale.

Insomma c'è molto da fare. Ci mettiamo subito in moto.

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