Intervista a Bersani: «Congresso vero. Il Pd diventi un partito»
INTERVISTA A BERSANI, la prima dopo il passo indietro da segretario Pd e l'insediamento del governo Letta. «Il Pd ha mancato la prova». | Le dimissioni di Bersani: IL DISCORSO | Bersani piange in Aula (FOTO) | Segretario, si cerca l'intesa. Sabato l'assemblea Pd, il Congresso in autunno di M. Franchi
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Di Simone Collini
5 maggio 2013
- Segretario, si cerca l'intesa. Sabato l'Assemblea Pd, il Congresso in autunno di Massimo Franchi
«A incoraggiare una discussione vera, a decidere delle correzioni profonde riguardo il nostro modo di essere. L’Italia è nei guai e ha bisogno che il Pd sia all’altezza del compito, che sia in grado di assumersi le proprie responsabilità. Certamente in questi anni abbiamo avuti problemi, ma siamo comunque riusciti ad essere i principali protagonisti politici di governo nella gran parte dei territori. Poi, messi di fronte alla prima vera responsabilità nazionale da quando siamo nati, non siamo riusciti a saltare l’asticella. Abbiamo mancato la prova».
Anche nel suo partito c’è chi l’ha criticata per la gestione della partita del Quirinale: come risponde a chi sostiene che è stato un errore puntare su Marini e a chi fa notare che poi la scelta di Prodi era figlia di uno schema totalmente opposto?
«Già nei giorni precedenti la scelta del presidente della Repubblica, ci eravamo indeboliti caricandoci addosso la responsabilità dello stallo nella formazione di un governo. Un’idea sbagliata, fatta circolare anche dentro il nostro mondo. Poi, quando si è trattato di applicare una decisione che avevamo assunto, quella cioè di cercare un presidente largamente condiviso fino a prova contraria, la prova contraria che io avevo immaginato potesse provenire dagli altri è invece venuta da noi. E nella fase successiva, di fronte all’impossibilità di una larga condivisione, quando abbiamo proposto un nostro candidato sul quale era stata presa una decisione entusiasticamente collettiva, con nessuno che aveva appoggiato la mia richiesta di voto segreto, abbiamo registrato un colossale inadempimento».
«È inutile fermarsi a temi per così dire disciplinari, in questa vicenda sono emersi problemi che dobbiamo assolutamente affrontare. Primo: un deficit di autonomia, una nostra incomprensibile permeabilità, una difficoltà ad esercitare un ruolo di rappresentanza, di orientamento, di direzione. Secondo: l’incapacità di distinguere tra funzioni istituzionali, come è quella del Presidente della Repubblica, e funzioni politiche e di governo. E, mi dispiace dirlo, ma è difficile non vedere in questo la lunga semina della cultura berlusconiana berlusconiana che ha messo frutto anche nel nostro campo. Terzo: l’irrompere di rivalse, ritorsioni, protagonismi spiccioli di fronte a un passaggio di enorme portata. È l’insieme di questi problemi che mi fa dire che è arrivato il tempo di dirimere un tema: vogliamo essere un soggetto politico o uno spazio politico dove ognuno esercita il proprio protagonismo?».
«Questa ambiguità si è resa non più addomesticabile alla prima, vera prova di diretta responsabilità nazionale. Ora però il tema va affrontato, sapendo che se scegliamo la seconda strada possiamo essere utili ad alcuni di noi, ma non al Paese e agli interessi e ai valori che vogliamo difendere. Se dobbiamo invece essere un soggetto politico, dobbiamo chiederci qual è la nostra missione per questo Paese e capire che, se scegli di entrare in una libera associazione, decidi di devolvere a una comunità almeno una parte delle tue convinzioni, delle tue aspirazioni, delle tue ambizioni. Perché se si disperde l’idea che entrare in un collettivo è una scelta morale, di libertà e di responsabilità, noi non possiamo essere utili al Paese».
Ora è in carica un governo in cui ci sono ministri del Pd e del Pdl, che è quello che lei per cinquanta giorni ha escluso: l’errore è stato commesso ieri o è stato commesso oggi?
Grillo però ha chiuso a ogni ipotesi di collaborazione, sia nella fase della formazione del governo che in quella per il Capo dello Stato: col senno di poi si è pentito di aver insistito così a lungo?
Ma perché il Pd non ha fatto sua la proposta di eleggere Rodotà al Quirinale?
«Quanto alla squadra di governo, nessuno può nascondersi la difficoltà di allestire una compagine in queste condizioni politiche. Ma nelle condizioni date Letta ha trovato un buon equilibrio. Noi dobbiamo pienamente sentire in quel governo la nostra responsabilità e combattere perché ottenga dei risultati, a partire dalle risposte da dare alla grave situazione economica e sociale. Per quanto riguarda l’Imu, anche noi abbiamo detto che si deve correggere, ma nel caso si intervenga deve rinvenirsi traccia di quanto da noi proposto. E lo stesso vale sugli ammortizzatori sociali e sugli esodati. Nessuno può avanzare diktat. Per quanto riguarda le riforme istituzionali, sarebbe buona cosa allestire una Convenzione, come già avevo proposto durante le consultazioni. Ma l’autocandidatura di Berlusconi alla presidenza mi pare una miccia accesa e una pretesa senza fondamento».
Le sue dimissioni saranno ratificate all’Assemblea nazionale del Pd, sabato: che tipo di discussione auspica si faccia in quella sede?
«Parto dal punto di fondo: ci vuole un congresso vero, che sia svincolato dalla scelta di un candidato premier, visto che per la prima volta da quando esiste il Pd un presidente del Consiglio lo abbiamo. Quindi penso che sia possibile avviare una procedura per arrivare a una modifica dello statuto tale per cui non ci sia più coincidenza tra la figura del segretario e quella del candidato premier. Serve aprire subito una discussione che consenta di affrontare i temi che dicevamo prima, la natura del Pd, la sua missione, le sue responsabilità di fronte al Paese. E auspico che l’Assemblea di sabato non sia un mini-congresso».
Comunque dovrà eleggere il suo successore: un reggente o un segretario a pieno titolo?
«È una discussione formalistica. L’Assemblea deve pronunciarsi su una persona, dare un mandato pieno a qualcuno che dovrà condurci nella fase congressuale e intanto rappresentare il Pd di fronte al Paese».
«Ma sì, una figura che goda di un largo consenso e che sia di garanzia per tutti. Naturalmente queste sono opinioni che impegnano solo me stesso. In settimana bisognerà preparare uno sbocco positivo dell’Assemblea con l’aiuto dei segretari regionali e del coordinamento».
«Che io lavorerò perché al congresso si affronti una discussione seria, vera, ma non rivedo le mie decisioni. Ho sempre detto che non mi sarei ricandidato, che bisogna mandare avanti una classe dirigente nuova, e dovremo discutere sulla base di quali criteri si arriva alla selezione. Dopodiché sono stato segretario per quattro anni duri e appassionanti, so bene che in politica si vince assieme e si perde da soli, ma so anche che la politica come qualsiasi attività umana ha una sua moralità. A questa non ho rinunciato da una vita e non intendo rinunciarci ora».
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