SITO UFFICIALE DEL PARTITO DEMOCRATICO CIRCOLO DI VIETRI SUL MARE

SITO UFFICIALE DEL PARTITO DEMOCRATICO CIRCOLO DI VIETRI SUL MARE

venerdì 28 giugno 2013

Pd: Cuperlo, distinguere fra segretario e candidato premier




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(ASCA) - Roma, 28 giu - ''Penso che il Pd abbia bisogno di avere un segretario che si dedichi per un certo numero di anni unicamente alla costruzione del Pd e lasciarci cosi' alle spalle una stagione abbastanza lunga, purtroppo, in cui la direzione politica del partito, a tutti i livelli, e' stata vissuta come una sorta di trampolino, come una corve'e, come un servizio militare in attesa di accedere a un altro incarico considerato piu' autorevole, piu' prestigioso o comunque della dimensione delle istituzioni''. Lo ha affermato Gianni Cuperlo, candidato alla segreteria del Pd, intervenendo questa mattina a Omnibus su La7. Lo stesso Cuperlo ha sollecitato ''una riflessione seria sulla distinzione delle due figure''. ''Sono convinto che dobbiamo tornare a investire nel Partito democratico, che e' la piu' importante scommessa che la sinistra e riformisti hanno fatto in questo paese negli ultimi decenni e che non e' diventato quello che pensavamo dovesse diventare.''. Cuperlo ha poi invitato ad ''accelerare sul Congresso, per il bene del Pd e del paese''. Secondo Cuperlo, inoltre fare un Congresso presto non vuol dire mettere in pericolo l'azione del Governo Letta: ''Bisogna distinguere i due piani -: una buona discussione congressuale potrebbe rivelarsi anche un effetto di stabilizzazione per il Governo Letta'' che comunque per Cuperlo ''deve restare un'esperienza a termine, per fare le cose che deve fare''. 

Bassolino: «Caro de Magistris, oltre ai toni cambia carattere»

L'INTERVISTA

Bassolino: «Caro de Magistris,
oltre ai toni cambia carattere»

L'ex governatore accusa il sindaco di Napoli
di continuare con lo scaricabarile

Antonio BassolinoAntonio Bassolino
NAPOLI — Cominciamo dal gioco della torre? Antonio Bassolino è dietro la sua scrivania, nella Fondazione Sudd, un po' perplesso per la verità. Non ama i giochi. Non li ha mai amati. «Proviamoci», dice.
Chi butta giù tra Marchionne e Landini? «Butto Marchionne».
Tra Berlusconi e Monti? «Monti. Perché c'è tutto il popolo berlusconiano con il quale bisogna parlare, e perché non convincere qualcuno del Pdl anche a votare per noi?».
Tra Renzi e Vendola? «Nessuno dei due. Perché abbiamo bisogno di entrambi per rilanciare un progetto di centrosinistra».
Tra de Magistris e Caldoro? «Questa volta butto tutti e due». Com'è diventata Napoli? «È una città imbruttita e incattivita. Per ragioni generali, non solo locali. È come se vi fosse una crisi della costituzione civile della città, a cui si può far fronte solo unendo, aprendo, creando ponti e relazioni non certo spaccando e scassando».
Non crede alla svolta di de Magistris? Il sindaco nell'intervista rilasciata a questo giornale ha usato toni molto diversi dal passato. «Io ascolto la città e soprattutto la amo. Me lo auguro che si tratti di una svolta. La situazione è difficile dappertutto, la crisi è pesante ovunque e a Napoli si sente più che altrove. Abbiamo un aggravarsi della situazione, una crescita delle aree di povertà senza che vi sia alcuno strumento di contrasto, aziende che chiudono ogni giorno e fenomeni sociali gravi come l'usura. Mi sembra giusto sottolinearlo».
Ma? «La crisi è chiaro che si ripercuote anche sulla politica. Il cambio di tono di de Magistris è apprezzabile, perché in politica anche i toni contano, ma sono il segno della difficoltà che l'amministrazione avverte e dinanzi alle tante proteste non si può più far finta di niente».
Presidente, arriviamo al dunque? «Il dunque è che dopo due anni un sindaco dovrebbe essere in piena luna di miele con la città».
Anche se è un sindaco col portafoglio vuoto? «Eccerto. Non è l'unico ad aver ereditato un disastro. Perciò, dopo due anni, non si può avere contro sempre più pezzi di città interi, continuare a cambiare assessori. Se i toni mutati si accompagnano a una riflessione politica e a un diverso rapporto con la città bene. Altrimenti...».
Altrimenti? «Faccio un esempio semplice semplice. Se in un laboratorio chimico ripeti per 99 volte l'esperimento che ha portato de Magistris alla vittoria, il risultato non si ripeterebbe, de Magistris non farebbe il sindaco. Ci sono state variabili particolari: l'autolesionismo del Pd, la scelta di un candidato, Morcone, persona squisita ma sconosciuto sia a me sia a Bersani figuriamoci ai napoletani, il candidato di centrodestra avversato dal suo stesso schieramento e la scarsa partecipazione al voto, fenomeno che sta crescendo ed è sottovalutato».
Nelle grandi città si eleggono ormai sindaci di minoranza. «Esatto e la consapevolezza di questo dato avrebbe dovuto far capire a de Magistris che era necessario aprirsi subito alla città, non solo ai partiti che lo avevano votato al secondo turno. Invece ha fatto il contrario. L'errore non è stato quello di occuparsi di politica nazionale, un sindaco ha il diritto-dovere di farlo, ma di avventurarsi in una strada politica minoritaria. Così facendo la sua risicata maggioranza iniziale s'è ridotta ancora di più e questo ha determinato l'isolamento di Napoli. Partendo da questo c'è l'interrogativo per il futuro».
Ma se un assessore non funziona, il sindaco ha il dovere di cambiarlo, no? Lo ha fatto anche lei da presidente di Regione. «Io l'ho fatto alla fine e non all'inizio. Ma a parte questo, Narducci se n'è andato e altri sono stati cambiati, il problema è che tutte queste rotture non sono mai state accompagnate da una riflessione pubblica. E poi siamo sicuri che il problema fosse il loro?».
Cioé lei dice il problema è de Magistris. «Bè, l'impressione che dà è che è refrattario al confronto, alla discussione vera, al ragionare su altri punti di vista, non si mette in discussione. È chiuso in sè e quando si crea il conflitto non è risolvibile perché non è nella sua cultura politica. Non riflette su stesso e sul suo modo di governare, sposta sugli altri il problema».
Cioè scarica sugli altri i suoi limiti? Questo sta dicendo? «Ma insomma mi pare evidente: una volta è colpa degli assessori, l'altra dei dipendenti o dei funzionari che non firmano. Ha fatto diventare Anna Donati una pasdaran di un'operazione poco meditata, mentre era evidente che era stato lui a forzare i tempi e le modalità. Tra l'altro con il rischio di fare passi indietro sulle Ztl che sono invece una strada giusta. Ma se chiudi soltanto e non pensi a potenziare i mezzi pubblici, ad avere decoro e ordine, diventa un boomerang. Mirella Barracco giustamente ha richiamato l'attenzione e non può ogni critica essere trasformata in disfattismo. Perciò la domanda da fare a de Magistris è: può cambiare il suo carattere, il suo modo di governare o no? Se è in grado allora andrà avanti, altrimenti è prevedibile lo scoppio di altre crisi».
A proposito di trasporti, la Campania è a piedi, non crede che qualche stazione dell'arte in meno e qualche treno in più sarebbe stato meglio? «Eh no, faccio autocritica su tutto, ma in questo campo la facessero Caldoro e Vetrella. Le stazioni dell'arte non c'entrano nulla, la quota di fondi europei utilizzata per l'architettura è del 2 per cento. Per il funzionamento invece oltre ai fondi nazionali che sono diminuiti, vengono investite risorse regionali e in tre anni al trasporto sono stati tagliati 450 milioni di euro. È una scelta politica, fatta da Caldoro. Per questa giunta regionale i trasporti non sono una priorità. Per me Caldoro parla in modo incomprensibile: dice che bisogna salvaguardare il diritto alla mobilità. Davvero?».
Lei sente ancora di far parte del progetto Pd?Lunghissimo silenzio «Da tempo vivo con sofferenza il mio rapporto col Pd. L'ultima tessera ce l'ho, però è evidente serve riflettere sui problemi di fondo. Sono tra i fondatori di questo partito e tra i pochi che dieci anni prima volevano fondare il partito dell'Ulivo, ma oggi il Pd resta un progetto incompiuto».
Ma pensa di andarsene? «Il punto non è cosa farò io. La mia sofferenza è quella di tanti e si è acuita negli ultimi tempi. Ma insomma, nel Pd non si è discusso dell'andamento della campagna elettorale, tutti erano convinti di avere la vittoria in tasca quando invece era chiaro che il Pdl stava salendo nei consensi e Grillo stava spiccando il volo. Ho cercato di dirlo, ma ho avvertito silenzio e un senso di fastidio. Nel '77 a Castellammare stemmo giorni e notti a riflettere sulle elezioni. Ed erano comunali. Ora c'è stato lo spostamento di milioni di voti e nessuno ha fiatato. E poi i rapporti umani: siamo alla barbarie, gelosie, ripicche. Come è possibile?».
Ora c'è il congresso. Forse, perché la data cambia ogni giorno. «E speriamo che almeno in quell'occasione ci sia la possibilità di una discussione aperta. Altrimenti non mi interessa».
Non mi dica che vuole continuare a fare soltanto il nonno. «Allora le dico che vado in montagna per qualche giorno».

Giustizia, Pd: “Da Pdl strappo inaccettabile”

Leva e D'Attorre: "Non scaricare sulla giustizia vicende estranee alle riforme"




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“La presentazione dell’emendamento al ddl costituzionale che allarga il campo di intervento del Comitato per le riforme è uno strappo inaccettabile”.
Lo affermano in una dichiarazione congiunta Danilo Leva, presidente Forum Giustizia del Pd, e Alfredo D’Attorre, responsabile Riforme politiche istituzionali della segreteria nazionale.

“Il ddl costituzionale proposto dal governo – aggiungo di due esponenti democratici -, traccia un percorso già definito e condiviso che riguarda materie come la forma di governo, il bicameralismo, nonché coerenti progetti di legge ordinaria di riforma dei sistemi elettorali”.

“Per il Partito democratico la riforma della giustizia non è un tabù, ma non si può prescindere da quelle che sono le garanzie di indipendenza della magistratura sancite dalla Carta Costituzionale”.
“La giustizia non può essere il terreno su cui scaricare vicende estranee agli obiettivi di riforma e ammodernamento dell’assetto istituzionale”, concludono.

Ustica, PD: "Riaprire commissione d'inchiesta"

Con una richiesta ai Presidenti di Camera e Senato, Laura Boldrini e Pietro Grasso i parlamentari del Partito democratico Michele Anzaldi e Andrea Marcucci hanno chiesto di valutare la riapertura della commissione parlamentare di inchiesta su Ustica



Con una richiesta ai Presidenti di Camera e Senato, Laura Boldrini e Pietro Grasso i parlamentari del Partito democratico Michele Anzaldi e Andrea Marcucci hanno chiesto di valutare la riapertura della Commissione parlamentare di inchiesta su Ustica.

“Alla luce delle parole del Presidente della Repubblica che, per la seconda volta, in pochi anni – la prima in occasione della giornata delle vittime del terrorismo nel 2010 – richiama il dovere di sostenere le indagini tuttora in corso per accertare responsabilità nazionali ed internazionali rimaste coperte, ci chiediamo se non vada nella direzione auspicata dal Capo dello Stato la riapertura della commissione parlamentare di inchiesta su una ferita tuttora aperta nella coscienza civile dell'Italia, quel maledetto volo da Bologna a Palermo”, dichiarano congiuntamente Anzaldi e Marcucci.

“Non c'è bisogno di richiamare, in particolare, la sensibilità del Presidente Grasso che, negli anni in cui a Ustica morirono 81 persone, era magistrato a Palermo”, hanno chiarito i due parlamentari democratici. “Troppe le zone d'ombra e gli interrogativi rimasti irrisolti, forse è tempo che il Parlamento torni a dare il proprio contributo nell'accertamento di una verità che resta ancora sfuggente”.

Anche il deputato Walter Verini, capogruppo Pd in commissione Giustizia, durante un intervento nell'Aula di Montecitorio, ha sottolineato la "necessità di fare luce e individuare le responsabilità, nazionali e internazionali, rimaste coperte da inquietanti ombre, a trentatrè anni dalla strage di Ustica".

"Questi trentatrè anni - ha proseguito Verini - sono stati caratterizzati non solo dal dolore e dalla tenacia dei familiari, guidati da Daria Bonfietti, ma anche da continui depistaggi e opacità. Proprio in questi giorni organi di informazione hanno ricordato le connessioni inquietanti tra quella strage e altri gravissimi episodi come il disastro di Ramstein in cui morirono alcuni piloti italiani".

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Nel giorno del 33° anniversario della strage di Ustica, il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano torna a invocare la verità sull’incidente aereo in cui morirono 81 persone: «Sostenere le indagini per accertare responsabilità nazionali e internazionali»

Civati corre da segretario: "Renzi? Lo vedo un po' spento"

Giuseppe CivatiFrancesco Moscatelli - La Stampa


Interpretare la parte dell`anti-Renzi. Il ruolo scelto da Pippo Civati è impegnativo. Però, scegliendo di candidarsi alla segreteria del Pd, il deputato lombardo che con il sindaco di Firenze condivide, oltre che l`anno di nascita (il 1975), anche una parte del percorso da «rottamatore» (le loro strade si sono separate alla vigilia della «Leopolda 2011») se l`è proprio andata a cercare.

«I giornalisti danno per certo che Matteo correrà - spiega Civati al telefono - . Io non ne sono così sicuro, aspetterei l`ufficialità. Ultimamente però lo vedo un po` spento: non ha detto nulla né sulla condanna di Berlusconi né sugli F-35. Se rompesse gli indugi in ogni caso sarebbe un bel segnale: per la prima volta mostrerebbe un po` di attenzione per il partito invece del suo solito fastidio. Credo che gli spazi non manchino: lui parla all`esterno del Pd, io sono più introverso». 

Civati sta affilando i coltelli. Punta a rappresentare «l`area Rodotà», quel mondo a metà strada fra delusi del Pd, Sel e Movimento 5 Stelle. Ha scritto un libro - «Non mi adeguo: 101 punti per cambiare», in uscita lunedì per Add Editore -, ha creato un sito web ufficiodelusi.it e tra il 5 e il 7 luglio riunirà i suoi a Reggio Emilia per la kermesse «Viva la libertà», dall`omonima pellicola di Roberto Andò. Oltre ai «Civati boys» ci saranno l`ex governatore sardo Renato Soru e l`ex ministro Fabrizio Barca. «Stimo molto Fabrizio e spero che la cosa sia reciproca - precisa Civati -.

Io vorrei che diventasse il presidente della Fondazione del Pd, un luogo indipendente e autonomo che realizzi quell`idea di un partito organizzato e in dialogo con la società civile a cui entrambi stiamo lavorando». Il progetto di Civati c`è già. Basta sfogliare il suo nuovo libro per farsene un`idea. Si parte da una citazione di Sandro Pertini sul «dovere di non adeguarsi di fronte alla cattiva politica e alla corruzione» e si arriva alle proposte concrete su legge elettorale «da fare subito in vista del ritorno alle urne nel 2014», abolizione dell`Imu «prima di togliere una sola tassa sul patrimonio bisogna abbassare quelle sul lavoro e sulla produzione», taglio degli stipendi ai papaveri della Pubblica amministrazione e varo di una convenzione con la Svizzera sui capitali esportati illegalmente. 

Prima, però, c`è spazio anche per un`analisi di quanto è successo dopo la clamorosa sconfitta del Pd alle politiche di febbraio. Per Civati il governo delle «male intese» non è nato per caso, ma è il frutto di un disegno politico portato avanti con coscienza, anche se nell`ombra, da quei 101 franchi tiratori (a cui allude il titolo) che hanno affossato la candidatura di Prodi al Quirinale. Il deputato lombardo attacca le dinamiche correntizie e, in vista del congresso, lancia una sfida: perché chi ha votato contro il fondatore del Pd non si dichiara? Civati concede una pax estiva al governo Letta, poi però «non bisogna più perdere tempo». 

Le tappe sono chiare: un congresso «subito e che sia il più aperto possibile», resuscitare l`alleanza con Sel e poi andare alle urne. Ma il segretario sarà anche il candidato premier? «Mi sembra una discussione surreale. Il Pd ha bisogno innanzitutto di una nuova elaborazione politica e di nuova classe. Poi discuteremo della leadership...». Chissà cosa ne pensa Renzi.

Fonte: La Stampa

mercoledì 26 giugno 2013

Epifani: Investiamo sul futuro dei giovani



Guglielmo Epifani  epifani02
"Il Governo ha approvato il Dl per il sostegno all'occupazione ai giovani negli stessi giorni in cui, a Bruxelles, con i partiti socialisti europei discutevamo delle stesse questioni", ha dichiarato Guglielmo Epifani, segretario del Partito democratico, dopo una serie di incontri al Parlamento europeo.

"Quella del Governo è una scelta giusta. Le cifre sono meno di quelle necessarie, ma sono di più di quelle attese. Spero che, al prossimo vertice europeo, si possa dare più forza a queste cifre, in modo che diventino un sostegno permanente.

Credo che nei prossimi anni - ha evidenziato Epifani - si possano recuperare 6-7 miliardi dal cofinanziamento per il prolungamento di queste misure. Ma bisogna sapere che non basta far costare meno le assunzioni, perché sono necessarie anche politiche che sostengano gli investimenti in infrastrutture e ricerca".

PD Direzione Provinciale: Relazione Direzione del 24 giugno

Relazione Direzione del 24 giugno

Relazione Direzione del 24 giugno

La direzione provinciale si è svolta a due mesi di distanza dall’ultima riunione dell’organismo e, per la prima volta dopo la formazione del governo Letta che vede il sostegno del nostro partito e, al governo, Vincenzo De Luca. Inoltre, rispetto all’ultima discussione, si è dimesso Bersani, è stato eletto Epifani; si è, di fatto, avviato il percorso congressuale che si concluderà entro l’anno.
GOVERNO
Il giudizio sul governo è tutto sommato positivo. L’azione di Letta in Europa è incisiva; c’è attesa sulle riforme per il lavoro, con particolare riferimento a quelle per i giovani. E’ ora auspicabile una maggiore incisività dell’azione del governo sulla riforma elettorale.
PARTITO DI GOVERNO
La presenza e la partecipazione del PD al governo del paese costituisce il primo “fatto nuovo” dopo quattro anni di assoluto dominio della destra. Siamo chiamati a capitalizzare questo passaggio con il Presidente del Consiglio, con il vice Ministro, con la nostra delegazione parlamentare. Siamo chiamati a farlo senza riserve, timidezze, incertezze. Siamo chiamati a “scrivere” un’Agenda Salerno, un’agenda di priorità, delle 5/6 scelte che possono costituire il volano per l’economia e, soprattutto, ossigeno politico ed elettorale. Ai deputati, in coordinamento con la segreteria provinciale (con i dirigenti territoriali e con i Sindaci), il compito di istruire questa discussione ma anche quello di lavorare in modo diverso e nuovo, come se ci fossero i collegi. Non abbiamo più alibi. In questo sarà decisivo il contributo del vice Ministro De Luca, non solo come guida, ma, soprattutto come finalizzatore in grado di rimuovere i problemi che si frappongono rispetto ad alcuni risultati che sono possibili. Bisogna stabilire alcune priorità, non è possibile fare “tutto”, ma solo decidere alcune priorità strategiche ed essere conclusivi.
AMMINISTRATIVE
Non è corretto dire, come è stato detto da qualche “analista della domenica”, da qualche nostro “dirigente”, da tutti gli organi di stampa che “il PD ha vinto ovunque, tranne in provincia di Salerno”. E’ falso. Il PD ha vinto nei comuni capoluogo, come del resto ha fatto (e alla grande) anche nel capoluogo della nostra provincia nel 2011 e con questa segreteria provinciale ; ma ha perso in tanti comuni medio piccoli., in Italia e in Campania.
A Campagna, il Sindaco non è più un iscritto al PD.
A Pontecagnano e a Scafati ha vinto di nuovo il PDL, ma, a differenza del 2008, questo accade al ballottaggio.
Nessuno rileva o nessuno “vuole rilevare” che nel 2008, pur controllando e governando “tutto”, abbiamo perso al primo turno; e nessuno ricorda che fino a qualche anno c’era una “coalizione” e che adesso, invece, c’è solo il PD che, deve “fare” anche le altre liste.
Inoltre, il quadro delle ultime elezioni amministrative è stato caratterizzato, oltre che da un forte civismo e da un forte astensionismo, da una spinta alla “novità”. Oltre a premiare gli uscenti, sono stati premiati dall’elettorato quelli considerati più “nuovi”.
I risultati devono, però, consentirci di superare i limiti che ci hanno condizionato. Nei comuni dove si è votato e si è perso, la preparazione del congresso sarà seguita direttamente dalla Federazione e dalla segreteria provinciale ( a Polla, a Campagna).
A Scafati, dove la Commissione di Garanzia ha disposto il commissariamento e l’applicazione automatica dell’articolo 2, sarà Salvatore Forte a guidare il locale Circolo al congresso cittadino.
Pontecagnano è un piccolo capolavoro. Merito del candidato Lanzara e di un gruppo dirigente che ha saputo rinnovare la nostra proposta per la città e, al contempo, il nostro partito.
Pontecagnano dimostra che quando le realtà locali e il partito provinciale possono lavorare con autonomia, nella condivisione generale, i risultati sono possibili.
A San Mango e a Laviano abbiamo vinto. A Olevano e a Montecorvino è possibile che il nostro partito apra una fase nuova con le amministrazioni elette; questo, oltre che un fatto positivo, costituisce una novità niente affatto scontata, per esempio, in un comune come Montecorvino, lungamente segnato da una identità “di destra”.
CONGRESSO
Per quanto riguarda quello provinciale anche noi siamo a scadenza. Proprio in questo periodo, tre anni fa, si svolse il congresso provinciale.
Potremmo celebrarlo con il tesseramento 2012, regolarmente concluso, traendone così particolare vantaggio come segreteria provinciale. Potremmo, ma non lo facciamo.
Decidiamo di celebrarlo con quello nazionale e, soprattutto, con quello regionale.
Proprio a proposito della segreteria regionale dobbiamo constatare, dal 25 febbraio, la “vacatio” dell’organo regionale.
E’ grave questa condizione, in un contesto quale quello regionale di mancato coordinamento dell’iniziativa di opposizione.
E’ grave e costituisce un ulteriore “sconto” a Caldoro che, non solo non governa la Regione, ma boicotta in modo puntuale e sprezzante il nostro territorio provinciale.
Sulla sanità e il trasporto pubblico, le risorse comunitarie, l’ambiente, i servizi sociali occorre un’iniziativa sussidiaria dei deputati e della segreteria provinciale.
Si decide di cominciare a scrivere “l’agenda Salerno” con una iniziativa provinciale di direzione e di approfondimento delle realtà locali più significative do ve si voterà il prossimo anno. E’ bene associare tutti quelli che vogliono dare una mano e lavorare fin da subito, onde evitare alibi e, soprattutto, per allargare e rafforzare il coordinamento nella condivisione delle responsabilità.

martedì 18 giugno 2013

Pd, Epifani: "Regole Congresso entro un mese, seguo io o delegato i lavori della commissione"

Al termine della prima riunione delle commissione, che dovrà stabilire le norme, il segretario nega che all'interno del partito ci siano fratture in merito alla scelta del presidente. E sulla scissione tra le figure di segretario e premier: "Il segretario del Pd può essere il candidato premier, ma può anche non esserlo". Su Renzi: "Meglio a governo che a guida del partito"


ROMA - "La commissione Congresso terminerà i suoi lavori entro il mese. Il Congresso si terrà entro l'anno. Non abbiamo nessuno interesse ad andare oltre, perché l'anno prossimo ci sono scadenze elettorali: amministrative ed europee". Il segretario del Pd, Guglielmo Epifani, al termine della prima riunione della commissione elettorale che deve stabilire le regole del Congresso, non ha intenzione di allungare i tempi, ma precisa che "non siamo in condizione di fissare la data ora" perché prima bisognerà fissare le regole nella commissione. Comunque si tratta di pochi mesi: una delusione per il premier, Enrico Letta, che, secondo molti retroscena sperava in un rinvio a gennaio o febbraio, per evitare al governo il rischio di essere indebolito dai nuovi assetti del partito. In serata, poi, partecipando a 'Porta a Porta', ha confermato di non voler correre per la segreteria: "Non mi candido al Congresso del Pd. Lo confermo". E ha spiegato ancora una volta il perché: per una questione di "etica", ma anche per essere più "libero e forte" in questi mesi di 'traghettamento': "Quando il Pd ha avuto un po' di burrasca nelle settimane scorse mi hanno chiesto quasi tutti di prendere la guida per condurre il partito al Congresso". Una ricandidatura "la sentirei come una mancanza di etica e di rispetto". Inoltre, "nel momento in cui confermo questa scelta sono assolutamente più libero e più forte per fare quelle battaglie che 
considero giuste".

Renzi meglio a Palazzo Chigi che come segretario. Per Epifani il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, è più adatto a Palazzo Chigio che alla guida del Pd: "Renzi ha un'esperienza di governo amministrativo, sarebbe quindi più congeniale per un'attività di governo, ma sono sicuro che farebbe bene anche il segretario''. Nel caso in ncui Renzi si candidasse a guidare il Pd, Epifani lo mette in guardia: "un'avvertenza: il partito è più complesso". 

Tempi stretti. Intanto slitta l'elezione del presidente della Commissione. Al termine di tre ore di confronto, i membri della commissione che hanno il compito di scrivere le regole congressuali, a quanto si apprende, hanno deciso di soprassedere sulla nomina di un coordinatore in grado di organizzare i lavori. La commissione ha davanti tempi stretti: prima dell'estate dovrà indicare la data di convocazione del congresso e dettare le norme in base alle quali eleggere il nuovo segretario.

Il nodo commissione. Epifani, però, tenta di minimizzare le divisioni interne relative alla nomina del presidente: "È una leggenda metropolitana inventata dai giornali. Per quello che posso, seguirò io i lavori di questa commissione o ci sarà chi sarà delegato da me", ha sottolineato, riferendosi alle voci secondo cui renziani e dalemiani vorrebbero evitare che alla guida ci sia Davide Zoggia, responsabile organizzativo del Pd e uomo di Bersani.

Segretario e premier. "Il segretario può essere, ma non deve obbligatoriamente essere anche il candidato leader". Stando alle parole di Epifani si va verso la scissione di queste due figure. Ma si tratta, ha spiegato il segretario, di "una possibilità in più e non una possibilità in meno", ricordando che "il problema era già stato superato con le scorse primarie tra Bersani e Renzi".

Governo non ha scadenza. Il governo Letta non ha una "scadenza", si farà il punto al termine del percorso delle riforme e si deciderà, ha detto a 'Porta a porta': "Il primo tagliando, per come ha detto Letta parlando in Parlamento, si fa dopo 18-24 mesi. Si farà un punto sulle cose fatte, se le riforme saranno risolte si può decidere di continuare, o di tornare a votare, ma con un sistema istituzionale più maturo e a quel punto, come in tutti i paesi europei, con due coalizioni che si confrontano per prendere più voti".

Legge elettorale. Il Pd non farà mai cadere il governo Letta, ha insistito Epifani, ma se il centrodestra dovesse farlo i democratici prima di tornare a votare cercherebbero comunque di cambiare la legge elettorale con chi ci sta: "Ma un partito grande come il nostro che sostiene il governo può da un giorno all'altro pensare di cambiare questa maggioranza andando a verificare da un'altra parte? È impossibile. Quello che è possibile è che se qualcuno del centrodestra pensasse di far cadere il governo, come ho modo di dire in Parlamento il Pd non tornerà mai a votare con questa legge elettorale e farà di tutto per cambiare la legge". Epifani ha smentito che Pier Luigi Bersani, aprendo a M5S, abbia voluto mettere in difficoltà il governo: "Bersani non ha mai detto che vuol fare un altro governo, ha solo detto che se qualcuno lo volesse far cadere...".

Primarie aperte o chiuse?  "Si faranno le primarie per il segretario e si faranno, quando arriverà il momento, le primarie per il candidato premier". Il segretario del Pd durante la registrazione della puntata che andrà in onda questa sera ha parlato anche del modello da adottare: "Anche le primarie fatte per la guida del governo (la sfida Renzi-Bersani, ndr) sono state molto molto ampie. A me piace molto il modello americano, andiamo a lezione da chi le ha inventate: lì per votare ci si deve iscrivere a un albo, però ovviamente si può ampliare e fare delle modifiche".

lunedì 17 giugno 2013

Tour Salernitano del “Camper dei Diritti” Lo Spi-Cgil in camper per affermare la cultura dei diritti

Lo Spi-Cgil in camper per affermare la cultura dei diritti

Tour  Salernitano del “Camper dei Diritti”   

ImageIl Sindacato Pensionati Italiani Cgil Salerno informa che lunedì 17 giugno 2013 - ore 11.00 - terrà presso Piazza della Concordia di Salerno (altezza fermata bus) una CONFERENZA STAMPA nel “CAMPER DEI  DIRITTI”.
L’Iniziativa ha lo scopo di informare gli Organi di Stampa sui tanti diritti negati ai pensionati e sulle possibilità assistenziali che lo Spi-Cgil mette, gratuitamente, al servizio della tutela individuale e collettiva delle fasce sociali più  abbandonate.
Sarà anche l’occasione per fornire agli Organi di Stampa i dati aggiornati del numero delle pensioni e degli importi medi erogati mensilmente dall’Inps agli oltre 290mila titolari di pensione della provincia di Salerno.
Alla Conferenza Stampa è prevista la partecipazione del Prof. Lino Picca, Segretario Generale Spi-Cgil Salerno, e di esperti di Servizi Sociali, Previdenziali e Fiscali che daranno informazioni utili in materia pensionistica, malattie professionali, invalidità, detrazioni, dichiarazione dei redditi, tasse comunali, ecc..     
Il Tour Salernitano del “Camper dei Diritti”, che si concluderà il prossimo 6 luglio a Nocera Inferiore,  farà tappa - da Sapri a Scafati - nei maggiori centri della provincia e dove il disagio e la carenza dei servizi  sono più evidenti.
Riportiamo di seguito il calendario, con date e località, delle tappe che il “Camper dei Diritti”, presenziato da Giovanni Greco, responsabile del settore “Previdenza”, e da Palmino Sica, esperto in Politiche sociali, ha in programma fino al prossimo 6 luglio  in provincia di Salerno.

                                                            Francesco Citarella

giovedì 13 giugno 2013

Un tour per incontrare i militanti del Pd Il viaggio di Barca diventa un blog

Un tour per incontrare i militanti del Pd
Il viaggio di Barca diventa un blog

L'ex ministro in giro per i circoli del partito per spiegare il suo documento e per ascoltare la base e racconterà l'esperienza su internet
di ALBERTO CUSTODERO


ROMA - Parte il suo tour per i circoli del Pd e Fabrizio Barca decide di raccontare il suo "Viaggio in Italia" attraverso il suo blog. Un giro per incontrare i militanti del partito Pd sparsi per l'Italia discutendo del documento "Un partito nuovo per il buon governo". On the road, nel vero senso della parola: Barca e il suo staff sono accompagnati e accolti da una città all'altra dai volontari dei circoli che si offrono per portarlo nei propri luoghi con la speranza di animare il partito.

Obiettivo: tornare a discutere di politica e sperimentalismo democratico, ovvero, come trovare le soluzioni ascoltando il territorio superando la tendenza al cesarismo e la convinzione del "sapere nelle mani di pochi". Barca racconta infatti come l'idea di questa avventura sia nata durante i 16 mesi di governo, quando si accorse della totale assenza dei partiti come tramite tra istituzioni e territorio: "Lo vedi? i sindaci sono soli" soleva ripetere ai tempi della coesione. 

Documenti, contributi, fotografie, racconti di viaggio, numeri, itinerari, circoli visitati, km percorsi, persone incontrate.... Un viaggio che durerà fino alla fine di ottobre. Un viaggio che si pone come obiettivo la conoscenza della geografia Pd e la raccolta di elementi utili per il vero rinnovamento della sinistra. Da oggi la cronaca del tour in diretta online, sul blog, giorno per giorno.
(da Repubblica.It)

mercoledì 12 giugno 2013

Bersani: "Abbiamo vinto noi, Matteo non esageri"

Torna l'asse tra Bersani e gli ex Ppi.
"Abbiamo vinto noi, Matteo non esageri"

Zingaretti corteggiato dal fronte anti-sindaco, ha però già rifiutato. A Letta fa comodo una sfida con più candidati in vista del congresso: "Ma io sono neutrale" 
di GOFFREDO DE MARCHIS



ROMA - Frenare Renzi. O meglio, stoppare la sua corsa verso la segreteria del Partito democratico. Dopo le elezioni amministrative, una parte del Pd fa la prima mossa. E per farla deve rompere l'asse Bersani-Letta-Franceschini che oggi regge il Pd. La corrente dell'ex segretario marcia (per il momento) da sola presentando un documento anti-Renzi. Lo firmano solo i fedelissimi di Bersani: Maurizio Martina in rappresentanza del Nord, Stefano Fassina (Centro) e Alfredo D'Attorre (Sud). I lettiani stanno a guardare mantenendo una totale neutralità. Gli ex Ppi, i franceschiniani, non si schierano ma non si sottraggono ad alcune manovre che puntano a rallentare il sindaco. Enrico Letta osserva. Da lontano.





Amico di tutti, schierato con nessuno. E se il congresso del Partito democratico avrà candidature contrapposte, cioè se Renzi avrà uno o più sfidanti, tanto meglio. Non perché il premier voglia parteggiare per qualcuno, ma perché lui avrà così la possibilità di ritagliarsi, da Palazzo Chigi, il ruolo di baricentro del Pd. "Non mi faccio coinvolgere nel congresso", ripete a tutti il Letta.



In nessun modo il presidente del Consiglio ha favorito l'iniziativa del suo amico "Pierluigi". Ma l'ipotesi di un candidato alternativo a Renzi (oltre a Gianni Cuperlo, già in campo da tempo) 


gli permette nuovi margini di manovra. L'obiettivo vero resta quello di un patto con il sindaco. Ma anche questo traguardo è più facile di fronte a una sfida interna al Pd combattuta sul serio. Soprattutto dopo le elezioni amministrative. Che secondo lui hanno rafforzato l'esecutivo delle larghe intese e il suo presidente del Consiglio. In un modo o nell'altro, il futuro segretario del Pd dovrà fare i conti con Enrico Letta. E viceversa. 


Anche i bersaniani sfruttano l'onda del voto per i sindaci. La scelta di tempo per la presentazione del documento non è casuale. "Abbiamo vinto noi la sfida dei sindaci. Adesso Matteo non può esagerare". Non lo è nemmeno il sorriso di Bersani, il suo ritorno alla battaglia politica contro "il personalismo, contro i partiti proprietari". In parole povere, contro Renzi. E contro il nuovo alleato di Renzi: Massimo D'Alema, nemico giurato dell'ex leader del Pd. I bersaniani non possono rimanere a guardare, non vogliono rimanere stretti nella morsa del dalemiano Cuperlo e dell'avversario delle primarie Renzi. Perciò il documento non basta. Serve un candidato. Che sarebbe stato individuato in Nicola Zingaretti. Corteggiato a lungo in queste settimane, il governatore del Lazio ha detto no. Per ora. 



A Zingaretti guardano in molti. Un gruppo di deputati giovani e trasversali, da Massimiliano Manfredi a Dario Ginefra, hanno apprezzato le parole del governatore contro le correnti, per un Pd che si ricostruisce sui parlamentati eletti con le primarie. I Giovani Turchi vogliono giocare fuori dai rigidi schemi delle componenti. "Siamo liberi di pensare con la nostra testa", dice Matteo Orfini. La militarizzazione dei bersaniani apre ai "turchi" nuovi orizzonti. Ma la corsa del presidente del Lazio è una chimera. E allora si ritorna al punto di partenza: c'è Renzi in pista, praticamente senza avversari. Ma i pericoli possono anche non essere in carne e ossa. Possono nascondersi nelle regole del congresso, come ha denunciato il sindaco. Ieri i renziani sembravano impazziti a Montecitorio. Vedono grandi manovre sui meccanismi di elezione del segretario. Sospettano che dietro ci sia Dario Franceschini perché una regola di cui si vocifera è mutuata dalla Margherita: pesare in maniera diversa il voto degli iscritti e il voto dei cittadini e degli amministratori locali. Insomma, non "una testa un voto", non primarie aperte. 



La prima riunione della commissione per le regole è lunedì. Con una grana che rischia di spaccarla prima ancora di cominciare. Il vertice ha deciso di chiamare a presiederla Davide Zoggia, ex braccio destro di Bersani. Una soluzione che piace anche ai franceschiniani. Ma si ribellano in molti: renziani e giovani turchi, minacciando clamorose dimissioni. La richiesta è semplice: eleggere il presidente.
(da Repubblica.It)