SITO UFFICIALE DEL PARTITO DEMOCRATICO CIRCOLO DI VIETRI SUL MARE

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venerdì 24 gennaio 2014

Cuperlo: "Questo governo non funziona, se ne deve fare subito un altro"


Intervista a Gianni Cuperlo di Giovanna Casadio - La Repubblica


Gianni Cuperlo«Non si può più rinviare una ripartenza del governo, nei contenuti e nelle persone. Sulle riforme dico andiamo avanti, perfezioniamo il testo, questa volta non possiamo fallire». Gianni Cuperlo, leader della minoranza del Pd, si è dimesso dalla presidenza del partito sentendosi offeso da Renzi. Non torna sui suoi passi. Rilancia la battaglia politica. 

Cuperlo, la minoranza del Pd si metterà di traverso sulla riforma elettorale? 

«No, è l`opposto. Dobbiamo essere d`impulso e arrivare in fondo. L`iniziativa di Renzi ha avuto il merito di scuotere l`albero. Dal mio punto di vista si poteva partire dalla maggioranza che sostiene il governo e poi allargare l`accordo a tutte le forze disposte a dialogare. Si è scelta una strada diversa. Adesso conta cercare la soluzione migliore». 

Il sospetto è che vogliate che nulla cambi.

«Sospetto sbagliato. L`impegno è lavorare per una legge efficace e che alle motivazioni della Consulta dia una risposta convincente». 

Nel merito, cosa chiedete? 

«La legge non può risolvere alcuni problemi ma crearne di nuovi. Ci sono Punti sui quali è possibile che il Parlamento migliori il testo-base e perfezioni l`accordo politico che è stato sottoscritto. None il puntiglio di una minoranza e nessuno vuole togliere a Renzi la paternità di un successo evidente se la legge arriva in porto. Ma alcune riserve sollevate da esperti autorevoli vanno raccolte e tradotte in una riforma che sia inattaccabile almeno sotto il profilo costituzionale». 

Però sulle preferenze siete pronti alle barricate? 

«Lavorare per evitare le liste bloccate e per una norma anti discriminatoria, perché l`equilibrio di genere sia effettivo, è interesse di molti, come un innalzamento della soglia del 35% per ottenere il premio di maggioranza. Sono snodi importanti». 

E poi la minoranza si comporterà in modo disciplinato? 

«Proviamo, tutto il Pd, a cercare l`intesa più larga su un numero limitato e concordato di modifiche che possano cambiare in meglio il tutto. Il mio impegno è per raggiungere questo risultato. Il Parlamento è il luogo in cui si votano le leggi dopo una discussione per migliorare le cose che non vanno». 

Non ci saranno franchi tiratori? 

«Voglio ben sperare, sarebbe da irresponsabili. Questo confronto deve avvenire alla luce del sole e, un passo alla volta, bisogna risolvere assieme gli aspetti che non vanno. Su temi come riforme costituzionali o legge elettorale è giusto che un gruppo parlamentare come il nostro ricerchi, difenda e garantisca la sua unità». 

Il governo Letta è in sofferenza? 

«Lo è non da oggi. Ho detto che in una fase cambiata sarebbe giusto che un programma per il 2014 coincidesse con una squadra in parte rinnovata. Se questo governo non è più in grado di servire al paese, si affronti il problema perché il dramma sociale è esplosivo. Questa svolta chiama in causa Palazzo Chigi e il primo partito della maggioranza». 

Un governo Renzi? 

«Reni ha sempre dichiarato che non sarebbe mai approdato a Palazzo Chigi se non attraverso una prova elettorale: credo alle sue parole». 

Il Pd sta logorando il governo? 

«L`ho detto, il governo ha fatto cose buone ed errori, ma adesso è il momento di una sterzata, che per me deve partire da un impegno nella redistribuzione di risorse e diritti verso chi è in fondo alla scala». 

Spetta alla minoranza la presidenza del partito? Potrebbe essere Bersani il nuovo presidente.

«Intanto Bersani è tornato a casa e l`affetto per lui è stato grande. Per quanto mi riguarda non ho posto una questione di bon ton ma politica e di spirito di comunità in un partito. A me le battute piacciono, altro è l`accusa di strumentalità per aver espresso una posizione politica. Ho sempre espresso liberamente le mie convinzioni e continuerò a farlo. Il mio impegno adesso è rilanciare le ragioni di una sinistra rinnovata perché di questo c`è un enorme bisogno fuori e dentro il Pd». 

Sembra più che mai in vista una scissione? 

«Ma non scherziamo. Di cosa stiamo parlando? Non ci sarà nessuna scissione. Io credo nel Pd. E se il Pd fallisse, verrebbe meno la possibilità di riscossa e di riscatto per questo paese».

Fonte: La Repubblica

Speranza: "Immigrati, asilo e accoglienza servono politiche comuni"

Intervista a Roberto Speranza di Alessandra Rubenni - L'Unità

Roberto Speranza
«Avviene spesso che di certi temi si discuta solo quando c`è un`emergenza. Sui migranti è stato così in questi anni». Quando in estate aumentano i flussi si parla del dramma, «ma politica e l`opinione pubblica non possono stare a inseguire solo l`emergenza quotidiana. La politica deve provare a costruire una risposta di respiro alle questioni che sono sul tavolo», ripete Roberto Speranza, presidente del gruppo Pd alla Camera, che all`indomani della tragedia di Lampedusa, segnata da 366 morti, ha preso carta e penna per lanciare un appello a tutti i capigruppo dei partiti progressisti dei Parlamenti europei. 

Ci spieghi la sua iniziativa. 

«Una vicenda come quella di Lampedusa deve richiamare l`attenzione e la sensibilità su quale debba essere il ruolo dell`Europa nel Mediterraneo. È chiaro che ci sono responsabilità nazionali, ma il rapporto tra Europa e Africa è di carattere europeo, non può risolversi solo dentro i confini nazionali. Tutti dobbiamo provare ad alzare lo sguardo dalla quotidianità e dare un segnale che vada nella direzione di un sogno lungo, quello dell`Europa, che si è realizzato ma su cui dobbiamo ancora investire». 

Cosa è successo dopo la sua lettera? 

«Ho ricevuto molte risposte, poi il capogruppo dell`Alleanza dei progressisti europei Swoboda ci ha convocato per un incontro a Bruxelles il 26 ottobre scorso. Lì abbiamo costruito una primissima intesa, con l`impegno a proseguire». 

Oggi Roma, nella Sala Regina di Montecitorio, ospiterà un`altra tappa di questo impegno, in una giornata intitolata a «Mediterraneo e Migrazioni. Una nuova politica di pace, democrazia e sviluppo». 

Di che si tratta? 

«Sarà un confronto più largo, con i rappresentati progressisti di 12 Paesi, di cui 8 europei e 4 del Nord Africa, Tunisia, Algeria, Egitto e Marocco, per dire che il Mediterraneo deve porsi al centro della nostra agenda politica europea e della prossima campagna elettorale, nel campo largo delle forze del socialismo europeo». 

Nel concreto cosa significa? 

«C`è bisogno di sviluppare maggiore sintonia nelle politiche di accoglienza e di gestione dei migranti, ora essenzialmente a carico dei singoli Paesi. È un fatto positivo che a Roma 12 rappresentanti di prima linea ragionino su questi grandi temi. Tutti insieme potremo fare pressione sulle istituzioni europee. E puntiamo a elaborare una dichiarazione congiunta». 

Su quali basi? 

«Facendoci guidare da valori che affermino le pari opportunità, l`accoglienza, il rispetto dei diritti, che sono alla base di una famiglia politica come la nostra». 

E dentro i nostri confini? Al Senato è passata l`abolizione parziale del reato di clandestinità. Basta? 

«Io mi auguro che norme come la Bossi Fini vengano totalmente superate.La strada intrapresa è giusta e va perseguita il più velocemente possibile, nel quadro di una riorganizzazione non solo nazionale». 

Ma un Paese che registra fatti come i continui attacchi razzisti alla ministra Kyenge riuscirà a fare passi in avanti? 

«La realtà quotidiana dell`Italia preoccupa. Non può esserci indifferenza quando ci sono cori razzisti negli stadi e un ministro viene continuamente insultato. Ma è chiaro che dobbiamo costruire una cultura dei diritti e dell`integrazione. Su questo il M5 S ha molto oscillato pensando che non fosse un terreno su cui si ottiene consenso. Ma la politica deve inseguire il consenso o orientare una cultura di fondo più in linea con una visione più moderna ed europea?».

Il governo delle larghe intese però è un bell`ostacolo... 

«Su questi temi bisogna avere il coraggio di andare avanti. Non c`è dubbio che una vittoria piena del centrosinistra avrebbe reso più facili tutti gli interventi normativi che abbiamo in testa».

Fonte: L'Unità

Epifani: "Subito un vero rilancio del governo"


Intervista a Guglielmo Epifani di Maria Zegarelli - L'Unità

Guglielmo Epifani
Gira tra le mani un foglio fitto di appunti, note sull`Italicum e dati economici. Guglielmo Epifani non sottovaluta i segnali, timidi, che iniziano ad arrivare dall`economia: «La caduta si è arrestata ma la ripresa è ancora molto debole, e l`occupazione continuerà ad essere l`emergenza di questo 2014». 

A questo dovrebbe servire il Patto 2014, ad affrontare le emergenze. Ma Renzi chiede tempo e Letta non riuscirà a chiudere prima di metà febbraio. Le chiedo se si arriverà davvero al patto di maggioranza. 

«Il rilancio dell`azione di governo non è più rinviabile e deve partire dagli investimenti e dalla occupazione. Da questo punto di vista è necessaria un`accelerazione anche su tutte le misure già decise sia nella legge di stabilità, sia nei provvedimenti precedenti. Penso all`allentamento del patto di stabilità peri Comuni, alla restituzione del credito delle imprese, ai fidi di garanzia per allargare la liquidità, ai crediti di imposta su ricerca e innovazione fino ai fondi europei così come stati rimodulati. Se è vero che abbiamo davanti quindici mesi bisogna anche creare le condizioni per l`abbattimento del cuneo fiscale». 

Ma abbiamo davanti quindici mesi? 

«Nessuno mette in discussione questo orizzonte». 

Letta andrà in Europa senza il patto di maggioranza. Non è un segno di debolezza per il governo? 

«Non credo che una settimana in più cambi le cose, il vero problema è quello di mettere mano ad un vero rilancio del programma e penso che al governo converrebbe concentrare le propria azione su alcuni obiettivi soltanto». 

Renzi vuole l'ok da tutto il partito, ma c`è chi vede un tentativo del segretario di imporre la sua agenda anche a Letta. 

«Credo che sia corretto che il più grande partito del Paese, l`azionista di maggioranza del governo, affronti il tema nei suoi organismi di discussione e la direzione è la giusta sede di confronto. Il Pd deve arrivare ad una sua proposta da presentare al premier». 

Epifani, il tema è il dualismo Letta-Renzi. Come si risolve questa guerra fredda? 

«Non credo sia questo il tema. Il tema è la situazione di stasi in cui siamo e dalla quale si deve uscire quanto prima per dare inizio a un`azione di governo forte, il tirare a campare non è una filosofia applicabile». 

C`è anche, nel suo partito, chi spinge per mandare Renzi a Palazzo Chigi al posto di Letta. 

«Mi sembra un`ipotesi che appassiona la stampa ma che Renzi ha negato nel modo più assoluto». 

Quindi lei crede che dopo la direzione inizierà una fase di sostegno pieno e convinto al governo e si archivieranno le critiche quotidiane? 

«Il governo avrà il sostegno pieno del Pd una volta che il partito presenterà la sua proposta al presidente del Consiglio, anche perché lo stesso percorso delle riforme è legato alla stabilità, le due cose si tengono insieme». 

Si riparte con una nuova squadra di governo? 

«Si riparte con un nuovo patto di maggioranza che si fonda su pochi ma incisivi punti. La questione dei nomi e di una eventuale nuova fiducia, che sono prerogativa del Presidente del Consiglio e del presidente della Repubblica, viene dopo la scelta delle priorità». 

Il Ruby Ter è piombato sulla scena politica. Da FI c`è già chi dice che questa inchiesta vuole affossare le riforme. Vede rischi concreti? 

«Quando Renzi ha ripreso il dialogo con Fi non ci ho trovato nulla di anormale, d`altra parte la legislatura era iniziata proprio con un confronto sulle riforme. Anche quando si è trattato di applicare la legge Severino per la decadenza di Berlusconi noi non abbiamo mai inteso fare un attacco politico: in quel momento stavamo applicando una legge, niente altro che questo. È stato l`allora Pdl usare strumentalmente quella vicenda per far saltare il tavolo. Mi chiedo: può oggi FI mandare di nuovo tutto all`aria? Spetta a loro decidere se vogliono partecipare ad un processo riformatore oppure no. Io mi auguro di sì». 

Crede che stavolta Berlusconi terrà fede al patto? 

«Giunto all`ultimo miglio si è quasi sempre sottratto agli impegni presi. Stavolta è giusto metterlo alla prova avendo la cautela che la storia impone». 

Renzi ha sbagliato ad attaccare Cuperlo? 

«Noi abbiamo discusso nei nostri organismi e alla fine abbiamo assunto delle scelte che da quel momento in poi sono di tutto il partito. Ma ci sono state anche posizioni diverse rispetto alla maggioranza e queste mi sembra abbiano tutte una loro forza. Quello che fonda una comunità non è la mancanza di confronto, ma il rispetto reciproco, tanto più verso chi ha idee diverse dalle nostre. Così come in un partito si sostiene con lealtà il segretario che ha vinto le primarie, avendo appunto, il senso reciproco dell`essere parte di una comunità politica». 

La minoranza Pd chiede le preferenze, i partitini l`abbassamento della soglia. Su cosa si può intervenire senza far saltare tutto? 

«Partiamo da qui: siamo tutti vincolati al patto stipulato dal segretario, ma non ho mai visto una legge che non si potesse migliorare in Parlamento, che non ha funzioni notarili. Naturalmente ricercando la condivisione. Per esempio: aver allegato al testo di legge le tabelle delle circoscrizioni si presta a molti problemi e non è un caso se non è mai successo prima. La soglia dell`8% apre un problema della rappresentanza in Parlamento perché questo vuol dire tenere fuori partiti che possono prendere anche tre milioni di voti. Quanto alle preferenze, se avessimo deciso da soli avremmo optato per il collegio uninominale e il doppio turno, ma non siamo da soli a decidere. E non c`è dubbio, e su questo il Parlamento può intervenire, che noi negli ultimi anni abbiamo detto che era giusto restituire ai cittadini la possibilità di scegliersi i propri rappresentanti. Se questo non avviene, si può aprire un ulteriore vuoto nella partecipazione al voto perché i cittadini si sentono meno liberi nella loro scelta».

Fonte: L'Unità

La legge elettorale alla Camera il 29 gennaio



urne  urne, elezioni, schede elettorali
La legge elettorale approderà in Aula alla Camera, per l’inizio dell’esame da parte del Parlamento, a partire dal 29 gennaio. 
Lo ha deciso la Conferenza dei capigruppo di Montecitorio, che ha previsto anche che le operazioni di voto si svolgeranno il 30 e il 31 di gennaio. 

"L'Italicum è, alle condizioni date, il miglior sistema elettorale che siamo riusciti a produrre nell'ambito di un patto", ha affermato intervenendo ad Agorà Debora Serracchiani, membro della segreteria nazionale del Pd. 

E, a proposito delle eventuali modifiche, il portavoce della segreteria del Pd Lorenzo Guarini ha chiarito: “Ogni modifica al testo della legge elettorale può essere fatta, basta che non venga messo in discussione quanto concordato con tutti i soggetti politici che hanno stipulato l'accordo". Guerini aggiunge: 

"Al di là delle posizioni personali, ogni modifica si può fare – ha aggiunto -, fatto salvo ovviamente il ruolo del Parlamento, tenendo presente la responsabilità di mantenere insieme tutte le forze che hanno condiviso l'impianto della riforma elettorale, altrimenti c'è il rischio che non si arrivi a un approdo positivo”. 

“Siamo aperti a ogni possibile modifica migliorativa – ha fatto sapere l’esponente dem -, e non è detto che le preferenze lo siano, ma ripeto: dobbiamo tenere insieme tutte le forze che hanno siglato l'accordo". 

martedì 21 gennaio 2014

Pier Luigi Bersani esce dall'ospedale

Parma

Pier Luigi Bersani esce dall'ospedale

Era ricoverato dal 5 gennaio per un'emorragia cerebrale: prima in rianimazione e poi in neurochirurgia. Le sue condizioni miglioravano di giorno in giorno

Pier Luigi Bersani

Parma
L'ex segretario PD Pier Luigi Bersani ha lasciato l'Ospedale Maggiore di Parma, dove era ricoverato dal 5 gennaio in seguito ad un'emorragia cerebrale.

L'ex segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, è stato dimesso dall'ospedale Maggiore di Parma doveè stato prima in rianimazione, poi nel reparto di neurochirurgia. Dopo l'operazione le condizioni di salute di Bersani sono migliorate di giorno in giorno. Con lui
sono sempre rimasti la moglie Daniela, le figlie e il fratello medico in pensione. Dopo il trasferimento di reparto, l'ex segretario ha potuto ricevere le visite di amici e compagni di
partito, tra cui l'attuale segretario Matteo Renzi, il premier Enrico Letta e l'ex premier Romano Prodi.

Renzi: "Caro Gianni, rispetto la tua scelta"


La lettera di Matteo Renzi a Gianni Cuperlo

Matteo Renzi  renzi23
Di seguito il testo della lettera inviata dal segretario del Partito Democratico, Matteo Renzi, a Gianni Cuperlo

Caro Gianni,
rispetto la Tua scelta.
Conosco la fatica che hai fatto nell'accettare la mia proposta di guidare l'Assemblea del PD, dopo le primarie.
Con franchezza e lealtà, non me l'hai taciuta. Non volevi farlo, ma hai ceduto alla mia insistenza. Pensavo, e continuo a pensare, che un tuo impegno in prima persona avrebbe fatto bene alla comunità di donne e uomini cui ti riferisci nella tua lettera. Comunità ampia. Che tutto può essere tranne che omologata nel linguaggio e nel pensiero. Comunità difficile. Dove ci si può sentire offesi perché uno ti dice che sei livoroso. E dove si può rimanere con un sorriso anche se ti danno del fascistoide. Comunità bellissima, però. Ricca di valori che vanno oltre le personalità e i caratteri dei singoli.

Siamo il Partito Democratico non solo nel nome, del resto. Un partito vivo, dinamico, plurale, appassionato. Un partito vero, non di plastica. Un partito dove si discute sul serio, non si fa finta. A viso aperto e non nei chiacchiericci dei corridoi. Guardandosi negli occhi e non affidandosi alle agenzie di stampa.
La stessa franchezza e lealtà mi ha portato a criticare - nel merito - il tuo intervento di ieri. In un Partito Democratico le critiche si fanno, come hai fatto tu, ma si possono anche ricevere. Mi spiace che ti sia sentito offeso a livello personale. 

Ti ringrazio per il lavoro che hai svolto nel tuo ruolo e sono certo che insieme potremo fare ancora molto per il PD e per il centrosinistra.
Ci aspetta un cammino intenso che può finalmente cambiare l'Italia. 

Quello che io ho potuto fare nel siglare l'intesa con gli altri partiti lo sai: se l'accordo reggerà avremo superato il bicameralismo perfetto, modificato l'errore del Titolo V, ridotte le indennità e i rimborsi dei consiglieri regionali, garantito il bipolarismo e il premio di maggioranza, introdotto il ballottaggio, ridotta la dimensione dei collegi, eliminato il potere di veto dei piccoli partiti che ha ucciso l'esperienza del centrosinistra con Prodi. Si poteva fare meglio? Sì, certo. Ma fino ad ora non si era fatto neanche questo. E rimettere in discussione i punti dell'accordo senza il consenso degli altri rischia di far precipitare tutto. 
Sono certo che questo non sia il tuo obiettivo e che - pur con funzioni diverse - ripartiremo insieme.

Con l'amicizia di sempre,
buon lavoro.
Matteo

Cuperlo si dimette da presidente dell'Assemblea nazionale


Gianni Cuperlo  cuperlo20
Ho scritto al segretario Matteo Renzi. Per comunicargli che mi dimetto da presidente dell'assemblea nazionale del PD. Ecco il testo della lettera:

Caro Segretario,
dal primo minuto successivo alle primarie ho detto due cose: che quel risultato, così netto nelle sue dimensioni e nel messaggio, andava colto e rispettato, e che da parte mia vi sarebbe stato un atteggiamento leale e collaborativo senza venir meno alla chiarezza di posizioni e principi che, assieme a tante e tanti, abbiamo messo a base della nostra proposta congressuale.
Ho accettato la presidenza dell’Assemblea nazionale con questo spirito e ho cercato di comportarmi in modo conseguente. Prendendo parola e posizione quando mi è sembrato necessario, ma sempre nel rispetto degli altri a cominciare da chi si è assunto l’onere e la responsabilità di guidare questa nuova fase.

Nella direzione di ieri sono intervenuto sul merito delle riforme e sul metodo che abbiamo seguito. Ho espresso apprezzamento per l’accelerazione che hai impresso al confronto e condiviso il traguardo di una riforma decisiva per la tenuta del nostro assetto democratico e istituzionale. Non c’era alcun pregiudizio verso il lavoro che hai svolto nei giorni e nelle settimane passate. Lavoro utile e prezioso, non per una parte ma per il Paese tutto. 

Ho anche manifestato alcuni dubbi – insisto, di merito – sulla proposta di nuova legge elettorale. In particolare gli effetti di una soglia troppo bassa – il 35 per cento – per lo scatto di un premio di maggioranza. Di una soglia troppo alta – l’8 per cento – per le forze non coalizzate e di un limite serio nel non consentire ancora una volta ai cittadini la scelta diretta del loro rappresentante. Dubbi che, per altro, ritrovo autorevolmente illustrati stamane sulle pagine dei principali quotidiani da personalità e studiosi ben più autorevoli di me.

Infine ho espresso una valutazione politica sul metodo seguito nella costruzione della proposta e ho chiuso con un richiamo a non considerare la discussione tra noi come una parentesi irrilevante ai fini di un miglioramento delle soluzioni. 

Nella tua replica ho ascoltato la conferma che le riforme in discussione rappresentano un pacchetto chiuso e dunque – traduco io – non emendabile o migliorabile pena l’arresto del processo, almeno nelle modalità che ha assunto. Sino ad un riferimento diretto a me e al fatto che avrei sollevato strumentalmente il tema delle preferenze con tutta la scarsa credibilità di uno che quell’argomento si è ben guardato dal porre all’atto del suo (cioè mio) ingresso alla Camera in un listino bloccato.

E’ vero.
Per il poco che possano valere dei cenni personali, sono entrato per la prima volta in Parlamento nel giugno del 2006 subentrando al collega Budin che si era dimesso. Vi sono rientrato da “nominato” nel 2008 e nuovamente nel listino da te rammentato a febbraio di un anno fa. La mia intera esperienza parlamentare è coincisa con la peggiore legge elettorale mai concepita nella storia repubblicana. Sarebbe per altro noioso per te che io ti raccontassi quali siano stati la mia esperienza e il mio impegno politico prima di questa parentesi istituzionale. Però la conosco io, e tanto può bastare.

Quanto al consenso non so dire se in una competizione con preferenze ne avrei raccolte molte o poche. So che alcuni mesi fa, usando qualche violenza al mio carattere, mi sono candidato alla guida del nostro partito. Ho perso quella sfida raccogliendo però attorno a quella nostra proposta un volume di consensi che io considero non banali.
Comunque non è questo il punto.

Il punto è che ancora ieri, e non per la prima volta, tu hai risposto a delle obiezioni politiche e di merito con un attacco di tipo personale.

Il punto è che ritengo non possano funzionare un organismo dirigente e una comunità politica – e un partito è in primo luogo una comunità politica – dove le riunioni si convocano, si svolgono, ma dove lo spazio e l’espressione delle differenze finiscono in una irritazione della maggioranza e, con qualche frequenza, in una conseguente delegittimazione dell’interlocutore.
Non credo sia un metodo giusto, saggio, adeguato alle ambizioni di un partito come il Pd e alle speranze che questa nuova stagione, e il tuo personale successo, hanno attivato.
Tra i moltissimi difetti che mi riconosco non credo di avere mai sofferto dell’ansia di una collocazione. 

Ieri sera, a fine dei nostri lavori, esponenti della tua maggioranza hanno chiesto le mie dimissioni da presidente per il “livore” che avrei manifestato nel corso del mio intervento. 
Leggo da un dizionario on line che la definizione del termine corrisponde più o meno a “sentimento di invidia e rancore”.
Ecco, caro Segretario, non è così. 

Non nutro alcun sentimento di invidia e tanto meno di rancore. Non ne avrei ragione dal momento che la politica, quando vissuta con passione, ti insegna a misurarti con la forza dei processi. E io questo realismo lo considero un segno della maturità.

Non mi dimetto, quindi, per “livore”. E neppure per l’assenza di un cenno di solidarietà di fronte alla richiesta di dimissioni avanzata con motivazioni alquanto discutibili.
Non mi dimetto neppure per una battuta scivolata via o il gusto gratuito di un’offesa. Anche se alle spalle abbiamo anni durante i quali il linguaggio della politica si è spinto fin dove mai avrebbe dovuto spingersi, e tutto era sempre e solo rubricato come “una battuta”.

Mi dimetto perché sono colpito e allarmato da una concezione del partito e del confronto al suo interno che non può piegare verso l’omologazione, di linguaggio e pensiero.
Mi dimetto perché voglio bene al Pd e voglio impegnarmi a rafforzare al suo interno idee e valori di quella sinistra ripensata senza la quale questo partito semplicemente cesserebbe di essere.
Mi dimetto perché voglio avere la libertà di dire sempre quello che penso. Voglio poter applaudire, criticare, dissentire, senza che ciò appaia a nessuno come un abuso della carica che per qualche settimana ho cercato di ricoprire al meglio delle mie capacità.

Auguro buon lavoro a te e a tutti noi.

Gianni

Cuperlo esce di scena per protesta La sinistra va alla battaglia in Aula

LE SCELTE DEL PD

Cuperlo esce di scena per protesta
La sinistra va alla battaglia in Aula

Il presidente lascia il tavolo mentre parla il segretario: è rottura Minoranza tentata da un asse in Parlamento con chi dissente

Gianni Cuperlo e Matteo Renzi (Paolo Cerroni/Imagoeconomica)Gianni Cuperlo e Matteo Renzi (Paolo Cerroni/Imagoeconomica)
ROMA - «È stato un attacco grave e personale, ma io non mi dimetto». Per uno solitamente dialogante e dai modi gentili come Gianni Cuperlo, l’uscita di scena mentre parla il leader equivale alla celeberrima scarpa sbattuta da Nikita Kruscev sul tavolo dell’Onu: facendo le debite proporzioni, è comunque la massima espressione di dissenso. Lo strappo della minoranza era annunciato, ma l’epilogo della direzione pd è l’inizio di una battaglia inevitabile. Si giocherà voto per voto, magari in asse con Ncd e centristi, per modificare in Parlamento l’Italicum di Renzi e Berlusconi.
L’annuncio della rottura è tutto nei gesti di Cuperlo, che all’improvviso si alza dal tavolo della presidenza, volta le spalle a Renzi e fila via verso l’uscita, mentre il segretario «con amicizia» lo bacchetta: «Gianni, avrei voluto sentirti parlare di preferenze quando vi siete candidati nel listino senza fare le primarie...». Un affondo che scatena la rabbia di cuperliani e bersaniani, fa scattare dalla seggiola anche l’ex viceministro Stefano Fassina («Inaccettabile!») e chiude in un ristorante del centro amato da Bersani la metà dei 34 che si erano astenuti sulla relazione. Una cena di crisi dove Zoggia, D’Attorre e gli altri discutono fino a notte per convincere Cuperlo a far rientrare l’ipotesi di dimissioni del presidente del Pd. «Ne stiamo ragionando tutti insieme», conferma Fassina alle 20.28 e smentisce come «assolutamente infondata» la voce che sia stato lui a pressare il presidente perché si dimettesse.
I cuperliani pensano che Renzi lo abbia «provocato» proprio per spingerlo a mollare l’incarico, per questo l’idea del passo indietro rientra che è notte. «Cuperlo lasci la presidenza del Pd - attaccava nel pomeriggio la senatrice Rosa Maria Di Giorgi -. Il livore e l’astio che hanno caratterizzato il suo intervento contro il segretario rendono evidente che non è in grado di garantire la terzietà di un ruolo di garanzia». Una posizione che Pina Picierno, a nome della segreteria, dirà a sera di non condividere.

La scelta dell’ala sinistra di astenersi non dice quanto alto sia il livello dell’arrabbiatura e si spiega con le divisioni della minoranza: se Cuperlo avesse scelto di votare contro la relazione del leader, i Giovani turchi di Matteo Orfini non lo avrebbero seguito. E però la contrarietà è forte. Alla sinistra non è piaciuto il metodo, è dispiaciuto (molto) il fatto che Silvio Berlusconi abbia varcato la soglia del Nazareno e, soprattutto, non è andato giù il contenuto della bozza di legge elettorale.
All’ora di pranzo gli animi nella sala Berlinguer della Camera, dove si è riunito il «correntino» di minoranza, erano parecchio infuocati. L’intenzione è quella di non andare alla guerra, ma di discutere nel merito, per ottenere (dopo il doppio turno) anche le preferenze. Per contenere i toni si decide di non far parlare i più duri come Fassina, lasciando la parola davanti al parlamentino al solo Gianni Cuperlo. Ma in direzione Renzi va giù duro, insinua che la minoranza si prepari a usare «strumentalmente» l’argomento delle preferenze per ottenere «un’eco mediatica», esprime «gratitudine» al Cavaliere e ammonisce con forza Cuperlo e compagni, per la «subalternità culturale» e la «ostilità pregiudiziale» verso l’ex premier. Argomento, quest’ultimo, che infastidisce i bersaniani quanto un dito nell’occhio, prova ne siano gli hashtag coniati dalla pasionaria Chiara Geloni durante la direzione, da #primarieteetuasorella a #volevoignorarlomanonciriesco.

La premessa di Cuperlo è che la minoranza non vuole restare «ferma immobile sulle gambe», né intralciare la riforma. Anzi, vuole essere «protagonista» della nuova Repubblica: «Ma la proposta non è ancora convincente, non garantisce rappresentanza adeguata né ragionevole governabilità, con le liste bloccate non permette agli elettori di scegliersi i parlamentari...». E poi, cala l’asso l’ex sfidante delle primarie, «temo che sussistano profili di dubbia costituzionalità e farsi riscrivere per la seconda volta la legge dalla Corte è uno scenario non auspicabile, né ragionevole». Massimo D’Alema sceglie di non parlare dal palco, Veltroni media tra Renzi e Letta e Franco Marini, che pure alle primarie aveva sostenuto Cuperlo, apre alla riforma di Renzi. Cuperlo, invece, ha da eccepire anche sulla soglia del 35 per cento per accedere al premio di maggioranza, «troppo bassa». E non accetta che Renzi abbia impugnato i tre milioni di voti delle primarie per affermare, in sostanza, che la legge elettorale si farà come dice lui: «Bene, allora è inutile convocare la direzione... Funziona così un partito? Io temo di no, credo di no, spero di no!». Ora l’opposizione vuole un referendum tra gli iscritti e si prepara a lanciare una campagna di comunicazione, per chiedere primarie per legge e spiegare agli elettori che la nuova legge gli impedirà di scegliersi i rappresentanti.
«La replica di Renzi è stata ingenerosa - commenta l’ex ministro Cesare Damiano -. Il nostro atteggiamento è costruttivo, mi pare non si possa dire altrettanto del segretario. Il suo modello elettorale apre una grave ferita e in Parlamento bisognerà fare una battaglia». Tra di voi si teme che il leader voglia spingervi alla scissione, è così? «Io non so quale sia il suo obiettivo -risponde Damiano - ma una minoranza quando non è d’accordo lo dice, si vuol negare anche questo?». 
(da Corriere della Sera.it)