SITO UFFICIALE DEL PARTITO DEMOCRATICO CIRCOLO DI VIETRI SUL MARE

SITO UFFICIALE DEL PARTITO DEMOCRATICO CIRCOLO DI VIETRI SUL MARE

venerdì 29 marzo 2013

Ci prova Napolitano, 3 partite aperte


Tre partite restano più che mai aperte: quella per Palazzo Chigi, quella per il Quirinale, quella interna al Pd. Legate intimamente una all'altra, condizionano le possibilità di successo del presidente della Repubblica, determinato a evitare il ritorno al voto in tempi rapidi


  • Stampa
  • Segnala
  •  
  • Dimensioni originali
  • Zoom +
  • Zoom + +
Giorgio Napolitano
Giorgio Napolitano
Roma, 29-03-2013
Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano avvia oggi un altro giro di consultazioni per verificare lo sviluppo del quadro politico istituzionale che ha portato Pier Luigi Bersani a non concludere con un esito risolutivo per la formazione del governo.
Agenda
Si comincia questa mattina alle 11 con il Pdl, poi nel pomeriggio il capo dello Stato riceverà i rappresentanti di M5S, Scelta civica e Pd. Alle 16 toccherà salire al Colle al Movimento 5 Stelle, alle 17 Lista Civica e alle 18,30 la delegazione del Pd.
Le tre partite
Restano più che mai aperte: sono quella per Palazzo Chigi, quella per il Quirinale, quella interna al Pd. Legate intimamente una all'altra, condizionano le possibilità di successo del presidente della Repubblica, determinato a evitare il ritorno al voto in tempi rapidi
Il Governo del presidente
il Capo dello Stato si propone "senza indugio" di esperire "iniziative per gli sviluppi possibili del quadro politico-istituzionale". In sostanza, valuterà in prima persona se ci sono ancora degli spiragli (soprattutto sul fronte del Pdl, determinatissimo a spuntare il nome del prossimo inquilino del Colle senza spazi di trattativa) che consentano al segretario del Pd di proseguire la sua corsa o se si dovranno cercare delle alternative come, per esempio, un governo del presidente con un programma definito e guidato da un tecnico di rango a cui affidare l'incarico in tempi strettissimi, forse già da domani sera, si ragiona in ambienti parlamentari.
Tant'è che stanno già circolando i nomi di Saccomanni, Cancellieri e Giovannini, il presidente dell'Istat per questo ipotetico incarico.
Casella di partenza
Il leader del Pd, dopo aver accettato "con la massima determinazione" il preincarico, si ritrova dopo una settimana di consultazioni alla casella del via del gioco dell'oca. A
Napolitano spiega le ragioni dello stallo: "Difficoltà derivate da preclusioni e condizioni che non ho ritenuto accettabili", scandisce senza mai pronunciare la parola "rinuncia", della quale non v'e' traccia neppure nella nota del Quirinale, letta dal segretario generale Donato Marra. La partita, dunque, resta aperta ed e' tutta nelle mani del Capo dello Stato. Bersani è ancora in campo, almeno finché Napolitano non avra' verificato che non ci siano ipotesi più forti e soluzioni più solide.
Inedito
Non è difficile immaginare che il dialogo fra Napolitano e Bersani abbia per questo motivo sfiorato asperità inedite nel rapporto fra i due. D'altra parte, ieri sera di
fronte all'incredulità della stampa, il portavoce del Presidente, Pasquale Cascella, ha dovuto chiarire: "No, l'incarico non è stato restituito, è ancora valido". Formula irrituale che non modifica l'ipotesi molto accreditata che se non ci saranno novità sostanziali al termine degli incontri, o al più tardi sabato mattina, il Capo dello Stato affidi l'incarico a qualcun altro.
Tempi supplementari
Il supplemento istruttorio avviato dal Quirinale viene incontro alle richieste di Bersani, ma ha le ore contate: lo stand by non può protrarsi all'infinito. Né è ipotizzabile che il Quirinale, in assenza di novità di rilievo, mando Bersani in cerca di fortuna alle Camere, senza quei numeri certi al Senato cui ha fatto riferimento fin dal momento del conferimento del mandato al segretario Pd.
La partita Pd
"Bersani ha fatto mostra di un cinismo tipicamente comunista. Ha perso un mese, messo a rischio i conti pubblici, e tutto al solo scopo di sfondare il muro di obiezioni
del Capo dello Stato, farsi incaricare, andare in Parlamento e farsi bocciare e quindi gestire lui il ritorno alle urne come candidato premier. Tutto questo, al solo scopo di sbarrare la strada a Matteo Renzi", accusa Osvaldo Napoli. E' una lettura che arriva dal PdL e che naturalmente cerca di addossare a Bersani tutte le reponsabilità del fallimento. Ma il problema dei rapporti di forza interni al Pd è ormai chiaro anche agli osservatori 'neutrali': differenti le visioni, differenti le strategie, differenti gli uomini.
Nell'ala bersaniana la presa di posizione del Colle viene letta come una non chiusura totale al tentativo del segretario e si spera in un 'secondo tempo' per Bersani. Dall'altra parte, molti vedono nella scelta di Giorgio Napolitano di prendere personalmente la situazione il tentativo di verificare l'ipotesi di dare l'incarico a qualcun'altro. Eventualita' che farebbe scoppiare le divisioni interne al partito. Anche questo spiegherebbe il nervosismo di Bersani nei confronti del Colle. Se un'ala del partito e'pronta ad andare al voto, non manca certo chi fa notare che il Pd, soprattutto dopo aver a piu' riprese sottolineato la necessità di dare un governo al Paese, non possa in quel caso esimersi dal favorirne una nascita. Al momento, tutto tace. Tace anche Matteo Renzi, piegato alla promessa di fedeltà e disciplina. Ma ambienti vicini al sindaco di Firenze si dicono contrari a elezioni subito. Proprio come Napolitano.
Il che significa, alla fine, favorire la nascita di un governo sostenuto anche da Monti e Pdl, ipotesi alla quale Bersani continua a dirsi fortemente contrario. Lo 'spettro' del governissimo agita le acque Pd. Rosy Bindi avrebbe minacciato di rinunciare al suo incarico di presidente del partito se si dovessero avvallare 'inciuci'.
La partita del Quirinale
I timori del Pd sono rivolti, inoltre, anche alla prossima partita del Colle. La preoccupazione è quella che in caso di fallimento di Bersani si paghino care alcune scelte come quella di 'tenersi' entrambe le presidenze delle Camere senza darne una
all'opposizione. Decisione che a questo punto si può rivelare controproducente nella vicenda dell'elezione del nuovocapo dello Stato.
La partita del Quirinale è al momento, la più difficile ed incerta. Quella più a cuore a tutti i partiti e proprio per questo la più ingombrante. Condiziona, ad esempio, anche l'autorevolezza di una soluzione provvisoria come quella del 'governo del presidente' per Palazzo Chigi. L'eventuale premier, infatti, si troverà ben presto alle spalle un altro inquilino del Quirinale, diverso da Napolitano che potrebbe indicare, come accadde con Monti, quale figura può assumere il timone del governo.
Numeri e date
La partita per il Quirinale prendera' il via ' in una data che sara' comunicata dai presidenti delle Camere il prossimo 15 aprile. A riunirsi nell'aula di Montecitorio saranno i 630 deputati, i 319 senatori e i 58 rappresentanti scelti dalle regioni. In totale 1007 "grandi elettori" che avranno la responsabilita' di scegliere chi dovra' arbitrare il gioco politico per i prossimi sette anni dal colle più alto della capitale.
Una volta esaurite le prime tre votazioni, durante le quali la Costituzione prevede un quorum alto (due terzi del plenum), l'elezione del capo dello Stato potra' avvenire a maggioranza assoluta. Il numero magico e' 504: la meta' piu' uno dei grandi
elettori. Ebbene, la coalizione che ha vinto alla Camera ed è maggioranza relativa al Senato, si ferma poco sotto quella soglia.
Conti alla mano, il pallottoliere di Bersani e Vendola, anche considerando il pieno di tutti gli alleati, non supera quota 499. Cinque voti in meno della fatidica soglia.
Il centrosinistra in Parlamento puo' contare su una base di 472 voti: ne fanno parte tutti i deputati e senatori del Pd, di Sel, nonche' quelli del centro di Tabacci, i socialisti di Nencini, gli altoatesini della Svp, i tre deputati del Maie eletti in America latina. Nel calcolo rientra anche il senatore a vita Emilio Colombo, che ha presieduto la seduta inaugurale di Palazzo Madama (ma non l'ex capo dello Stato Carlo Azeglio
Ciampi, bloccato da problemi di salute).
A costoro vanno aggiunti i grandi elettori che arriveranno a Roma per rappresentare le Regioni nelle votazioni per il Colle. Le Regioni si sono impegnate a procedere all'elezione entro il 15 aprile, in modo da evitare perdite di tempo. Il Friuli Venzia Giulia, chiamato alle urne nella secoda meta' di aprile, si e' avvantaggiato e ha gia' eletto i suoi. La Costituzione prevede che ogni consiglio regionale elegga tre delegati (tranne la Valle d'Aosta che ne elegge uno). Due vanno alla maggioranza, e uno all'opposizione. In totale si tratta di 58 voti "extra" che si aggiungono a quelli dei parlamentari nazionali. Al centrosinistra ne andranno complessivamente 27, ai centristi dell'Udc 3, al centrodestra 26, ai grillini 2.
Fatte le somme, il centrosinistra si ferma a 499 grandi elettori. Cinque in
meno di quelli necessari per eleggere il successore di Napolitano.
Con uno scarto cosi' ridotto, e con le votazioni che si svolgono a scrutinio segreto, ogni scenario diventa possibile: legittimo sperare nel centrosinistra nell'arrivo di voti in liberta' dagli altri schieramenti, ma allo stesso modo può materializzarsi l'incubo dei franchi tiratori.
Anche per vincere la partita del Quirinale, insomma, il centrosinistra deve convincere qualcun altro. In campo ci sono i 260 del centrodestra e i 165 dei grillini . Ma soprattutto i 71 voti dei montiani, che potrebbero essere il vero ago della bilancia.
(da RaiNews24.It)

Napolitano dà il via a nuove consultazioni. Parlamentari M5S riuniti in assemblea


Napolitano dà il via a nuove consultazioni.
Parlamentari M5S riuniti in assemblea

La settimana di incontri tra Pier Luigi Bersani e i leader delle altre forze politiche non ha prodotto risultati per la formazione del nuovo governo. In giornata il capo dello Stato potrebbe indicare il nome a cui affidare l'incarico per superare lo stallo politico che si è creato


ROMA - Con l'arrivo della delegazione del Pdl e della Lega, guidata da Silvio Berlusconi e dal segretario del Pdl Angelino Alfano, sono iniziate al Quirinale le consultazioni "lampo" per la formazione del nuovo governo. All'incontro con Napolitano partecipano i capigruppo del Pdl di Senato e Camera, Renato Schifani e Renato Brunetta, e per la Lega il segretario federale del Carroccio e governatore della Lombardia, Roberto Maroni, che in mattinata aveva scritto su Twitter: "Verso il Quirinale per nuove (inutili?) consultazioni. Ma nel pomeriggio di nuovo in Regione ad occuparmi della Lombardia". 

Gli appuntamenti. Questo il calendario delle consultazioni: 
Ore 11.00 Gruppi parlamentari del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati Il Popolo della Libertà Gruppi parlamentari del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati Lega Nord e Autonomie.
Ore 16.00 Gruppi parlamentari del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati MoVimento 5 Stelle.
Ore 17.00 Gruppi parlamentari del Senato della Repubblica Scelta Civica per l'Italia e della Camera dei Deputati Lista Civica per l'Italia.
Ore 18.00 Gruppo parlamentare della Camera dei Deputati Sinistra Ecologia e Libertà.
Ore 18.30 Gruppi parlamentari del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati Partito Democratico.

Nuova assemblea M5S. I parlamentari 5 Stelle si riuniscono di nuovo alla Camera in mattinata. La riunione dei grillini servirà a discutere della situazione alla luce delle nuove consultazioni di oggi al Quirinale. A quanto pare, all'incontro non dovrebbe partecipare Beppe Grillo. Al momento sembra assodato che Grillo non salirà al Colle e lascerà ai capigruppo di Camera e Senato Roberta Lombardi e Vito Crimi il compito di conferire con il Capo dello Stato. Dai contatti tra i parlamentari occorsi tra ieri e oggi, inoltre, sarebbe emerso che un incontro con il capo potrebbe esserci solo dopo Pasqua.

Lega: "Mai pensato a governo Bersani-Monti".  "La Lega non ha mai pensato di sostenere un governo Bersani-Monti". Lo afferma Matteo Salvini, segretario della Lega Lombarda, intervenendo ad Agorà, su Rai Tre. "Abbiamo letto sui giornali - continua Salvini - cose assolutamente false, fantasiose e lontane dalla realtà. Se dobbiamo stare qui altri 15 giorni a sondare, a riflettere, ascoltare il proclama di Grillo, andiamo a votare. Governi tecnici? - conclude - No grazie, abbiamo già dato".

Niente di fatto. La settimana di consultazioni di Pier Luigi Bersani non ha prodotto nulla ed il capo dello Stato si vede costretto a riprendere in mano il pallino e a tentare di risolvere il rebus del nuovo governo. Una situazione resa però difficile non solo dall'oggettiva incomunicabilità fra le tre formazioni politiche che 'non hanno vinto' le elezioni, ma anche dall'incombente termine del mandato di Napolitano. Ieri sera Bersani ha parlato di "preclusioni" da parte del Movimento 5 Stelle e di "condizioni non accettabili" poste dal Pdl. Il leader del Pd si trova in una posizione particolarmente scomoda perché, se da un lato è vero che il capo dello Stato non lo ha messo da parte, dall'altro l'annunciata ripresa "personale" delle consultazioni da parte di Napolitano non lascia necessariamente intendere che questa sera il nome che verrà fuori come presidente del Consiglio incaricato sia sempre quello di Bersani. 
(da Repubblica.It)

Iniziativa a Napolitano


Bersani: ho illustrato gli elementi positivi, ma anche le difficoltà per preclusioni inaccettabili




Quirinale  quirinale_det
“Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha ricevuto questo pomeriggio al Quirinale l'on. Pierluigi Bersani, che gli ha riferito l'esito delle consultazioni svolte a seguito dell'incarico conferitogli lo scorso 22 marzo, consultazioni il cui esito non e' stato risolutivo". Questo il comunicato della Presidenza della Repubblica letto dal segretario generale, Donato Marra.
"Il Presidente della Repubblica si e' riservato di prendere senza indugio iniziative che gli consentano di accertare personalmente gli sviluppi possibili del quadro politico-istituzionale".

“Ho riferito al presidente Napolitano l’esito del lavoro e delle consultazioni svolte in questi giorni, che non hanno portato a un esito risolutivo. Ho illustrato gli elementi positivi raccolti intorno alle proposte di natura istituzionale, insieme alle difficoltà venute da preclusioni o da condizioni non accettabili. Il presidente ha ritenuto di condurre direttamente e personalmente dei suoi accertamenti”.

Queste le parole di Pier Luigi Bersani nella sala stampa del Quirinale, al termine del colloquio con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. 

Provincia: interrogazione parlamentare


Provincia: interrogazione parlamentare

Provincia: interrogazione parlamentare

INTERROGAZIONE CON RISPOSTA URGENTE IN COMMISSIONE
Al Ministro degli Interni – Per sapere – premesso che:
- Per rimuovere la condizione d’ineleggibilità dei rispettivi Presidenti, in vista della loro candidatura alla carica di parlamentari nelle recenti elezioni politiche del 24 e 25 febbraio, i Consigli provinciali di Napoli e Salerno hanno nei mesi scorsi attivato una procedura finalizzata alla strumentale dichiarazione d’incompatibilità dei predetti Presidenti di Giunta provinciale;
- tale procedura è stata attivata contra legem allo scopo di evitare il doveroso scioglimento dei consigli provinciali e di consentire il subentro dei vicepresidenti nella carica di vertice dell’Ente;
- si è trattato di una condotta aberrante, in totale disprezzo della legge e causa di sicuro aggravamento del discredito fortemente diffuso nella pubblica opinione nei confronti dei ripetuti usi padronali di pubbliche funzioni, nonché possibile fonte di gravi danni erariali conseguenti all’usurpazione di pubbliche funzioni da soggetti privi di legittimo munus ad officium;
- in data odierna è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il DPR recante lo scioglimento del Consiglio provinciale d Napoli, su proposta del Ministro dell’Interno;
- la situzione giuridica e fattuale del Consiglio provinciale di Salerno è del tutto omologa a quella che ha portato allo scioglimento del Consiglio comunale di Napoli.
1) se il Ministro dell’Inerno ha intrapreso per il Consiglio provinciale di Salerno analoga iniziativa a quella intrapresa per il Consiglio provinciale di Napoli;
2) in caso negativo, quale ne siano e ragioni e quali azioni intende assumere per garantire il ripristino della legalità così spregiudicatamente violata in seno al Consiglio provinciale di Salerno;
3) se intende procedere allo scioglimento del predetto consiglio provinciale, pienamente sussistendo le cause di gravi e persistenti violazioni di legge, ai sensi dell’art. 141 del D.Lgs. 267/2000.
Roma, 26 marzo 2011
On. FULVIO BONAVITACOLA
On. TINO IANNUZZI
On. SIMONE VALIANTE
On. SABRINA CAPOZZOLO

mercoledì 27 marzo 2013

Bisogna continuare a lavorare


Bisogna continuare a lavorare

Bersani: "Ciascuno deciderà se prendersi le responsabilità"




Bersani  bersani_incarico
“Bisogna continuare a lavorare, rimangono difficoltà ma si continua a lavorare”. 
Lo ha affermato il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, al termine della giornata di consultazioni con i partiti.

“Mi pare – ha detto Bersani, riferendosi al colloquio con Scelta Civica - si cominci a comprendere meglio cosa intendo con ‘doppio registro’, e in particolare qual è la proposta che si delinea. In particolare sulla ‘convenzione per le riforme’, che può essere una grande novità”.
Questo, ha aggiunto, “testimonia l'intenzione di produrre una corresponsabilità sui grandi temi istituzionali”.

Quanto all'incontro col Pdl, Bersani ha affermato: “Le distanze le avete potute misurare anche voi, ma credo di poter dire che su questo piano si può continuare a discutere. Non c'è una preclusione a discutere”. 


“Sarà tutto in trasparenza”, ha specificato il leader del Pd e, rivolto ai giornalisti, “non inseguite dietrologie e strani cunicoli. Ciascuno avrà il quadro e potrà decidere se prendersi le responsabilità nella gradazione che preferirà”. 

Bersani: "Ipotesi governissimo non esiste" M5S: "Non daremo fiducia sia a Camera che Senato"


Consultazioni con il Movimento di Grillo in diretta streaming. Il premier incaricato: "Prendetevi un pezzo di responsabilità, non impedite la nascita di un esecutivo. Non avete l'esclusiva del cambiamento". I capigruppo Lombardi e Crimi: "Non ci fidiamo". Moody's aspetta l'esito dei tentativi del leader Pd: "Riflessi a breve termine sul profilo di credito del Paese". L'incontro Bersani-Napolitano previsto per domani potrebbe slittare


ROMA - "Non esiste l'ipotesi di un governissimo perché metteremmo un coperchio su una pentola a pressione che chiede il cambiamento. Quello che ho in mente è un governo che apra la legislatura con in programma alcune riforme essenziali": così Pier Luigi Bersani apre le consultazioni con il Movimento 5 Stelle. Consultazioni che si tengono in diretta streaming, come chiesto e ottenuto dai grillini, che ieri hanno ribadito il loro no forte e chiaro ad un governo Bersani.

Il premier designato sottolinea la priorità di dover dare un governo al Paese, chiedendo ai 5 Stelle di condividere un pezzo di responsabilità per permettere la nascita di un esecutivo. "A chi è più vicino chiedo
responsabilità. Alle forze che vogliono avere più autonomia chiedo di non impedire questa partenza", dice. "Siete protagonisti del cambiamento, ma non esclusivi. Anche la mia forza sente questa esigenza. Non farò governi che abbiano davanti l'impossibilità di cambiamento", continua il segretario del Pd. Che ai 5 Stelle spiega: "la fiducia si dà e si toglie, ma c'è anche il modo di non darla consentendo" la nascita di un governo.

La prima replica di Roberta Lombardi, capogruppo alla Camera è fredda. "Sono venti anni che sentiamo queste
parole. Vent'anni che voto e che sento parlare delle stesse cose e non vengono mai realizzate. Mentre parlava mi sembrava di sentire una puntata saranno durissimi". 

"Lei diceva che solo un insano di mente può avere la fregola di voler governare il Paese; ebbene, noi noi siamo quegli insani di mente perché abbiamo un progetto per il Paese. Noi siamo disposti a prenderci la responsbilità, a riprenderci la sovranità, a riprenderci il nostro Paese", continua Lombardi. 

Appoggiare un governo Bersani vorrebbe dire "dare una fiducia in bianco, un atto forte in cui si danno le condizioni per la costruzione di una maggioranza stabile. Noi, anche per il mandato che ci hanno dato gli elettori", da cui arriva "un messaggio quasi unanime di non dare fiducia in bianco, non ce la sentiamo davvero di poterci fidare. Vogliamo le prove", mette in chiaro il capogruppo del M5S al Senato Vito Crimi.

Senatori e deputati grillini ieri, riuniti in assemblea, hanno votato all'unanimità per il no alla fiducia ad un eventuale governo guidato dal segretario del Pd, come hanno ribadito questa mattina a Pier Luigi Bersani. 

Non mancano, però, voci dissenzienti e, a livello di singoli, segnali contraddittori. Tra le ipotesi che sono state prese in cosiderazione è circolata anche quella dell'Aventino: non presentarsi in Aula per abbassare il quorum richiesto alla maggioranza. L'agenzia Dire ha riportato un dialogo che si sarebbe svolto oggi da tra due senatori del Movimento. "Secondo me l'unica cosa da fare è non presentarci, non veniamo e basta", avrebbe daffermato un eletto al Senato. E l'altro gli avrebbe risposto: "Tu sai se hanno già richiesto la presenza di tutti e 54 (senatori, ndr) in aula?". Il confronto sarebbe quindi andati avanti così: "Dici che se ne parlerà tra noi in assemblea di questa ipotesi?". Il collega gli risponde scettico: "Figurati...".

A seguire l'esito della ricognizione da parte del presidente del Consiglio designato è anche l'agenzia di rating Moody's. Nei giorni scorsi era circolata la notizia di un downgrade dell'Italia, da parte dell'agenzia americana. Oggi, in un'intervista alla Reuters, l'analista Dietmar Hornung avverte di seguire "gli sforzi di Bersani per formare un governo" per le sue valutazioni sul rating e afferma che l'esito del tentativo del leader Pd avrà riflessi nel "breve termine" sul profilo di credito del Paese.

Non è esclusa, intanto, la possibilità di uno slittamento della salita al Colle di Bersani, prevista per domani, per riferire sull'esito delle consultazioni. A dirlo a Sky tg24 è il senatore della Lega Nord Massimo Bitonci secondo il quale potrebbe esserci da parte di Bersani, che termina oggi i suoi incontri, "un supplemento di indagine" perché "può darsi che in queste ore, in questi giorni nasca anche una proposta diversa".
(da Repubblica.It)

lunedì 25 marzo 2013

NIENTECAMBIASE - Resoconto del 22.03.201


Resoconto del 22.03.2013


Il dovere principale di chi si occupa di politica in un partito é quello di organizzare la discussione. Molto presto un’altra occasione come quella di ieri e, poi, altre ancora.
Mi scuso con i tanti che non sono riusciti a intervenire, ma c’è stata e ci sarà sempre un’occasione per tutti. Ritrovarsi e fare comunità é il miracolo, antico e moderno, che si realizza e che vive solo in un partito. E’ il miracolo della militanza. Che trasforma il sacrificio e le rinunce in un vantaggio, in un’occasione nuova. Per andare avanti, insieme.
“partecipare é difficile, quasi come volare”,
“per diventare noi, veramente noi, uniti indivisibili, vicini ma irraggiungibili”
Nicola Landolfi

Civati: "Niente accordi con il Pdl. Abbiamo già dato con Monti"


Intervista a Giuseppe Civati di Carlo Bertini - La Stampa


Civati, dopo quello che è successo al Colle, si aspetta che a Bersani venga dato un incarico subito? 
«La cosa più probabile è un mandato esplorativo e non un mandato pieno in questa situazione. Ci si augura che venga affidato a Bersani, anche perché quella linea che ha tenuto fin qui ha bisogno di un supplemento di istruttoria, cioè di verificare se sia possibile formare quel governo del cambiamento che rimane la linea del Pd anche dopo le consultazioni» 

E cosa prevede possa avvenire ora? Esiste qualche spiraglio con la Lega, visto che lei è stato indicato come uno degli sherpa nel dialogo col Carroccio? 

«Non è vero che io lo sia, detto questo è chiaro che ad oggi di possibilità ce ne siano molto poche. Credo sia giusto non sprecare il tempo ma utilizzarlo per capire se sia possibile fare quello che ci siamo ripromessi. Secondo me non è solo un fatto di numeri, ma dell`effetto che può fare un governo di alto profilo ed evito di entrare nel toto-nomi che è già troppo frequentato. Il week end Boldrini-Grasso ha fatto il suo effetto, perché quelle scelte hanno avuto il plauso dei cittadini. E non c`è un particolare lavoro ai fianchi sulla Lega, niente di paragonabile di quanto fatto con i 5 Stelle». 

Non sembra una mossa già da campagna elettorale andare in Parlamento e farsi dire di no dai grillini su un programma così radicale di riforme? 

«Più che altro, è una mossa tra due campagne elettorali: una, quella passata, che ha dato un segnale forte di cambiamento che ha lasciato il segno nel paese e anche tra gli elettori del Pd; e la seconda è quella che potrebbe esserci, che noi non vogliamo, ma che avendo scelto una strada così rischiosa si può riaprire anche dopo l`elezione del nuovo capo dello Stato». 

Se il tentativo fallisse, il Pd reggerebbe sulla linea del mai un governo con il Pdl? 

«Sinceramente spero di sì e penso di sì, abbiamo sempre detto che pasticci non ne faremo e che abbiamo già dato col governo Monti. E non è solo un pregiudizio contro Berlusconi che dopo 20 anni conosciamo bene, ma anche dell`agibilità di un governo con loro. Tanto per fare un esempio, prima di essere eletto presidente del Senato Grasso ha già presentato una proposta di legge sulla corruzione e la contraddizione con il Pdl balza subito agli occhi. Sulla legge elettorale poi, gli stessi protagonisti dovrebbero trovare un accordo che non hanno trovato per un anno?».

E se si tornasse alle urne, il candidato sarebbe ancora Bersani o Renzi? 

«Credo che dovremmo discuterne e trovare la forma per sceglierlo, magari primarie più aperte e trasparenti possibili. Ma io vorrei capire che tipo di proposta è quella di Grillo. A chi vorrebbe fosse dato l`incarico? Non vogliono Bersani ma chi vorrebbero? Se si riesce a trovare una figura che piaccia a noi e ai 5 Stelle bene, ma vorrei capire che margine ci offrono. Grillo ha tirato giù una saracinesca, almeno provi a discutere con noi un altro possibile premier a loro gradito, come eventualità se dovesse andare male Bersani».

Fonte: La Stampa

Tagli non solo ai parlamentari


Tagli non solo ai parlamentari

Massimo Mucchetti - L'Unità


Caro direttore, c'è qualcosa che non torna nella rincorsa a chi taglia di più di emolumenti dei parlamentari. I presidenti del Senato e della Camera si autoriducono la paga del 30%? Bene, ma ecco che il Grillo furioso inarca il sopracciglio e tuona: «Troppo poco, si tagli al 50%!». Ma perché il 50, dico io? Non sarebbe meglio il 60%? 

Insomma, vogliamo avviare da epigoni del Sessantotto più scadente il triste gioco del «più uno» o vogliamo cercare risposte convincenti alle domande vere: perché, a quale scopo e in base a quali parametri si debbono decidere questi tagli? E poi: solo Pietro Grasso e Laura Boldrini, con le assemblee elettive da loro presiedute, devono un tale atto al Paese o anche altri personaggi dovrebbero avvertire lo stesso dovere? Per altri personaggi intendo gli alti esponenti dell'economia, della finanza e dell'accademia, le star dello spettacolo e dello sport, i guru dell'informazione che negli ultimi trent'anni hanno esercitato sul Paese un'influenza non certo inferiore a quella della politica: non inferiore, e in molti casi nemmeno migliore.

Proviamo a ragionare un po'. Ci fu un tempo nel quale il suffragio elettorale era ristretto alle classi agiate e i parlamentari non percepivano alcunché. Erano ricchi signori che vivevano di rendita. La remunerazione degli incarichi politici elettivi nasce con la democrazia. Diversamente, un povero, ancorché geniale, non potrebbe partecipare al governo e al Parlamento. Di più, una remunerazione troppo bassa aumenta l'esposizione del parlamentare alle tentazioni che provengono dalle lobby. Banalità? Sì, banalità. Ma le vite scandalose di un numero troppo alto di politici in un Paese che soffre rischiano ormai di cancellare quelle premesse della democrazia e di aprire la strada a un'ansia di punizione che, pur comprensibile, acceca e può aprire la strada a nuove forme di oligarchia. Il Movimento 5 Stelle è un soggetto politico in formazione, al vertice del quale siede un ricco signore proprietario del marchio e del megafono e, sotto, un gruppo parlamentare che dovrebbe essere composto, in teoria, di persone senza i mezzi per rendersi centri autonomi di elaborazione. Non è detto che il M5S resti immutato per sempre. Ma oggi così è.

Ora, il Parlamento e il governo possono fare del gran bene o del gran male al Paese. Averli formati da personaggi pagati mille euro al mese non assicura di per sé buoni risultati. Il problema vero è come selezionare una classe dirigente adeguata, e certo l'attuale legge elettorale risulta inadeguata allo scopo. Ma, se per un attimo, immaginassimo un Parlamento finalmente degno, quale dovrebbe essere la remunerazione dei suoi membri? E quale dovrebbe essere il più generale costo di produzione dell'attività parlamentare? Luca Ricolfi, su la Stampa, scrive degli arricchimenti possibili con la politica. Ma rispetto alle professioni e ai mestieri della vita precedente, ci sarà sempre un parlamentare che, con l'incarico, ci guadagna e un altro che ci perde. Forse, i nuovi piagnoni andrebbero riascoltati una volta lette le loro vecchie dichiarazioni dei redditi. Forse, più che il quantum per testa andrebbe drasticamente tagliato il numero delle teste che percepiscono, superando il sistema bicamerale. E certo assicurata la massima trasparenza.

Quanto al costo del Parlamento non va dimenticato che si tratta della più importante tecnostruttura del Paese. Certo, ha accumulato privilegi corporativi da rimuovere senza se e senza ma, tuttavia il Parlamento concentra anche professionalità di prim'ordine e altre ne dovrebbe attirare per poter meglio partecipare al processo legislativo europeo dal quale, invece, siamo oggi in larga misura assenti. Il taglio dei costi va bene. Se finalizzato allo sviluppo e a nuovi investimenti, va meglio.
Detto questo, non ho alcuna difficoltà ad applaudire alla decisione di Grasso e Boldrini purché costituisca la premessa di uno scatto d'orgoglio della politica e non il cedimento a una specie di grillismo democratico. Il M5S e dico M5S e non Grillo è un soggetto politico da trattare con serietà, senza pregiudizi ma anche senza sconti.

Gli italiani non solo gli elettori del M5S, ma anche tanti altri sono disgustati dai cattivi esempi e dagli sprechi arroganti delle assemblee elettive nazionali e regionali. In molti c'è un desiderio di punizione contro un'intera categoria, senza discriminare i buoni dai cattivi. Chi, come il sottoscritto, entra adesso nelle aule parlamentari lo sa e ne tiene conto. Ma la Casta resta tale per definizione e per sempre, trasformando la denuncia in retorica, o le assemblee elettive possono ritrovare l'onore, che è stato macchiato a Roma e in tante Regioni? Un certo numero di italiani dirà sempre che la Casta resisterà a tutto. C'è un cinismo nazionale che non intende dare mai credito agli altri per giustificare le proprie non innocenti evasioni.

Ma nell'elettorato del M5S e di altre aree politiche, a cominciare dal centro-sinistra, è forte la speranza in una politica che faccia il dover suo. E allora, riformate le modalità di finanziamento dei partiti e la legge elettorale che seleziona i parlamentari, avrà ancora senso sorvegliare e punire? Sorvegliare, direi, ha senso sempre. Punire, non l'avrebbe più. E tuttavia chi si trova alla guida politica del Paese dovrebbe comunque destinare una quota della sua remunerazione, adeguata al ruolo, all'impegno e alle responsabilità, a un fondo pubblico speciale. Al termine di ogni anno, e fino a quando dura la crisi, questo fondo riverserà i proventi ottenuti dai parlamentari al fondo ammortamento del debito pubblico o ad altri utilizzi stabiliti dal Parlamento. La punizione cede il passo alla solidarietà, alla condivisione della sofferenza di un popolo. Ma questo fondo dovrà avere una speciale caratteristica: essere aperto ai versamenti volontari degli italiani che contano (e guadagnano molto di più dei politici e dei massimi dirigenti della tecnocrazia parlamentare) nella finanza, nell'economia, nell'accademia, nelle professioni, nello sport e nell'informazione.
Versamenti volontari, abbiamo detto, Ma anche nominativi, da comunicare ogni anno on line. Il potere non l'ha esercitato solo la politica. E quanti sono, ai vertici dei cosiddetti poteri forti, quelli che possono scagliare la prima pietra? Nell'Italia, dove l'ascensore sociale è fermo da anni e la concentrazione della ricchezza sta cancellando il ceto medio mentre i poveri diventano sempre più poveri, la coesione nazionale richiede esempi che vengano da tutti. Politici e non.