Stefano Fassina - Responsabile Economia e Lavoro Pd - L'Unitá
Oggi, si segna un inversione di rotta. È quindi infondato ripetere, come ha fatto il presidente Monti, che «l`austerità paga». È vero esattamente il contrario. L`austerità cieca, in una fase recessiva, aggrava le condizioni dell`economia reale e porta inevitabilmente all`aumento del debito pubblico. È avvenuto ovunque. Dopo la bocciatura elettorale della politica economica dell`euro-zona articolata nell`Agenda Monti e di fronte a rischi di involuzione politica e democratica, si corregge la rotta sin qui tenuta.
Dopo anni di affermazioni insensate - «la crescita non si fa con il debito» ripetute da ministri del governo Monti e, prima, del governo Berlusconi, si riconosce che per provare a rianimare l`economia si deve aumentare deficit e debito pubblico. Ovviamente, l`aumento del debito pubblico non può essere la via ordinaria per la crescita: la finanza pubblica deve seguire principi di stabilità.
Non si possono neppure ignorare i numerosi e soffocanti nodi strutturali che legano la produttività della nostra economia e delle nostre imprese. Al tempo stesso, non vanno nascosti i limiti sistemici delle istituzioni intorno alla moneta unica e la carenza di coordinamento delle politiche economiche nazionali.
Tuttavia, in una fase di depressione, il sostegno alla domanda pubblica e privata è condizione necessaria per rianimare l`economia, definire un contesto meno inibitivo per le riforme strutturali e, di conseguenza, ridurre il debito pubblico. È sfacciato l`attacco del Pdl al governo Monti per subalternità politica alla cancelliera Merkel.
Viene da ex ministri di un governo che, unico caso in Europa, ha ricevuto una lettera dalla Bce con i compiti a casa da fare e che ha irresponsabilmente sottoscritto e votato il pareggio di bilancio per il 2013, la causa ultima degli aumenti di imposte e dei tagli di spesa poi proposti da Monti. Tuttavia, sul governo Monti va detto che, se fosse stato più consapevole degli effetti della finanza pubblica sull`economia reale, avrebbe potuto pagare nell`autunno scorso i debiti e così evitare la chiusura di migliaia di imprese e la perdita di decine di migliaia di posti di lavoro.
La Spagna, in condizioni di indebitamento nettamente peggiori delle nostre e con la prospettiva di un salvataggio bancario per 10 punti di Pil, l`ha fatto. Il governo Monti no. Ma non è stato bloccato dai rapporti di forza europei, né dai famosi mercati finanziari che, anzi, erano favorevoli.
Il limite del governo Monti è stato di impostazione politica: la convinzione di poter recuperare competitività e arrivare allo sviluppo attraverso l`inseguimento del pareggio di bilancio «a prescindere» e la svalutazione del lavoro. Ora, invertita la rotta, si deve andare avanti con determinazione, come indicato negli 8 punti proposti da Bersani.
In poche settimane vanno finanziati la cassa integrazione in deroga; i contratti in scadenza di lavoratori e lavoratrici a tempo determinato in servizi fondamentali della pubblica amministrazione; il 55% per le ristrutturazioni eco-sostenibili; i contratti di servizio con Poste, Fs, Anas; le missioni internazionali; la salvaguardia per l`articolato universo degli «esodati».
Sono circa 7-8 miliardi di euro per il 2013 che il governo Monti ha lasciato, «scoperti», in eredità al prossimo esecutivo. Ad essi, si potrebbero aggiungere le risorse per il rinvio della Tares e per la cancellazione dell`aumento dell`Iva di luglio. Per realizzare gli interventi indicati e disinnescare gli ulteriori aumenti di tasse previsti, va evitata una manovra aggiuntiva. In alternativa, vanno rinegoziati gli obiettivi di finanza pubblica con la Commissione europea, come hanno fatto tanti altri Paesi con una recessione meno grave e duratura della nostra.
A tal fine è urgente che il governo Monti condivida con il Parlamento l`impostazione del Documento di economia e finanza e il Programma nazionale di riforme prima di completarli e presentarli ufficialmente entro il 10 aprile. Insomma, è ora di un governo politico di cambiamento, consapevole della fase e dotato di autonomia culturale rispetto all`ortodossia di Bruxelles.
Proseguire con l`Agenda Monti senza il senatore Monti aggraverebbe le condizioni dell`economia e della finanza pubblica e renderebbe ancora più acute le sofferenze economiche e sociali. Amplierebbe, così, il campo dei sentimenti anti-euro e la deriva di delegittimazione della democrazia.
Fonte: L'Unità
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