SITO UFFICIALE DEL PARTITO DEMOCRATICO CIRCOLO DI VIETRI SUL MARE

SITO UFFICIALE DEL PARTITO DEMOCRATICO CIRCOLO DI VIETRI SUL MARE

martedì 30 aprile 2013

FESTA DEL 1 MAGGIO 2013


Il Circolo di Vietri sul Mare del Partito Democratico, parteciperà domani, con una propria delegazione ufficiale, alla Festa dei Lavoratori del 1 Maggio 2013, insieme ai compagni della Cgil a Nocera Inferiore...

venerdì 26 aprile 2013

Piero Fassino: «Serve complementarietà tra Palazzo Chigi e partito»


Piero Fassino: «Serve complementarietà tra Palazzo Chigi e partito»

Parla l'ex segretario dei Ds oggi sindaco di Torino. Intervista di Carlo Fusi – Il Messaggero




Piero Fassino  piero_fassino
Piero Fassino, sindaco di Torino, non giudica un fallimento l'esperienza del Pd: «E' finito un ciclo, ma non una missione. Dobbiamo attrezzarci per nuovi compiti». Spiega che con Enrico Letta a Palazzo Chigi sarebbe un errore «se si instaurasse una diarchia competitiva» con la leadership dei Democrat. E infine difende Renzi che è andato in tv dalla De Filippi: «Io sono stato a C'è posta per te e c'è ancora chi se lo ricorda. Bisogna saper parlare a mondi nuovi». 

Tutto molto bello sindaco. Però resta che il Pd in queste settimane ha offerto un'immagine di divisione e confusione. Letta premier e Renzi segretario è la ricetta giusta?
«Bisogna partire da una considerazione: il Pd nato nel 2007 ha compiuto il suo primo ciclo di vita. Il che non significa che sia venuta meno la missione per cui è nato: abbiamo bisogno di fare un salto, questo sì. Il Pd di questi sei anni è stato molto segnato dalle appartenenze dai due partiti che decisero di fondersi, Ds e Margherita. Ora quella summa non basta più, bisogna andare oltre». 

Ma concretamente come? Cosa deve fare il Pd: mettere a capo un uomo nuovo come il sindaco di Firenze? Oppure rivolgersi ad altri? 
«E' evidente che in ogni caso il Pd avrà un nuovo leader visto che Bersani si è dimesso. E se, come mi auguro, Enrico Letta riuscirà a formare il governo, anche il vicesegretario, diciamo così, avrà una nuova occupazione. Dobbiamo individuare una persona che guidi il partito con mano ferma e che lo possa fare in una sintonia piena con il premier. Guai se costruissimo una sorta di diarchia di tipo competitivo. Serve esattamente il contrario: occorre una complementarietà tra guida del governo e leadership Pd. Dobbiamo trovare una sintesi che tuteli questo equilibrio, sapendo che in ogni caso le soluzioni che adotteremo in queste settimane andranno poi verificate in un congresso dove il tema di fondo sarà la costruzione del nuovo Pd». 

Guardiamo in faccia la realtà. Non sono pochi coloro che sostengono che la nascita del Pd è 
stata una fusione fredda, che il partito ha fallito la sua missione e ha fallito anche la classe dirigente che l'ha voluto e guidato.

«Io non concordo. Penso che sia necessaria una valutazione più equilibrata delle cose, fondata sulla storia del Pd e del Paese. Il nostro partito ha rappresentato un elemento di grande novità nel panorama politico italiano. Non dimentichiamoci che Io facemmo nascere per due ragioni. La prima, per superare un'esasperata frammentazione che ci aveva portato ad avere in Parlamento la rappresentanza di ben 37 partiti: una assurdità. La seconda, incidere attraverso la nascita di una grande forza politica di centrosinistra, sulla riforma del sistema politico-istituzionale. Il primo risultato il Pd l'ha prodotto. Il secondo obiettivo, invece, non è ancora raggiunto perché non si è riusciti a superare una legge elettorale devastante».

E Barca? Con il suo programma "di sinistra" non rischia di essere un ulteriore elemento divisivo?
«Il Pd è un partito plurale. Ciò che va chiesto ai dirigenti del Pd non è di censurare la propria opinione in nome di un formalismo unitario: piuttosto che ricerchino la sintesi usando la stessa determinazione con la quale si affermano le proprie legittime opinioni. Conosco bene Barca, è un uomo di grande esperienza e cultura, non a caso Ciampi ne ha una grande stima. Darà un contributo importante al Pd così come lo darà Matteo Renzi, che dà voce ad una istanza di innovazione e freschezza di cui abbiamo assoluto bisogno».

E' così innovativo che è andato dalla De Filippi ad Amici. E' quello il "nuovo" del Pd?
«Le forme della politica non sono ferme ed immutabili. Io sono andato a C'è posa per te e anelli fui criticato. Eppure quella sera mi videro otto milioni di persone, moltissimi dei quali non guardano mai Porta a Porta o Ballarò. Ancora adesso nei mercati trovo signore che mi dicono: sa, quella volta che la vidi in quella trasmissione... Abbiamo bisogno di aprirci alla società, a ogni suo segmento così come dobbiamo aprirci alla Rete, al web. Che, parliamoci chiaro, è anche un luogo di aggressione, di stalking politico. Però dobbiamo farci i conti. La sollecitazione che viene da Renzi in questa direzione è senza dubbio utile».
(da Il Messaggero.It)

Zoggia: «Pd coerente. Il M5S passi ai fatti»


Zoggia: «Pd coerente. Il M5S passi ai fatti»

Intervista a Davide Zoggia – La Stampa



«Dare pagelle? Neanche per sogno. Ma se proprio volessimo fare un confronto tra lo streaming di Bersani e quello di Letta, in entrambi i casi l'atteggiamento tenuto dal Pd è stato coerente». Il bersaniano Davide Zoggia non ha dubbi: «Perché sin dal giorno dopo le elezioni abbiamo dichiarato piena disponibilità al dialogo». Che con i grillini non ha portato risultati... 

«Parliamo di un movimento che ha il 25% dei consensi. Intende mettere questi voti a disposizione del cambiamento o no, come è accaduto per l'elezione del presidente della Repubblica? Se nascerà un governo, quando porterà in aula i primi provvedimenti, vedremo all'opera anche il M5S che finora ha prodotto più parole che fatti». 

Previsioni?
«Il punto centrale è quello di dare un governo all'Italia. Ma se anche stavolta non dovessero rispondere, allora vorrà dire che puntano a tornare al voto».

E sul prossimo governo?
«Un mix di tecnici e politici, ma vedrei bene anche figure sganciate dai partiti che possano parlare anche all'elettorato che ha votato per il M5S».

Rossi: "Ora semipresidenzialismo e conflitto di interessi"


Rossi: "Ora semipresidenzialismo e conflitto di interessi"

Intervista a Enrico Rossi di Tommaso Ciriaco - La Repubblica


Uomo di sinistra e governatore della Toscana, Enrico Rossi è come se allargasse le braccia mentre accetta l`ineluttabile destino di un governo con il Cavaliere: «Mi si indichi un`altra via d`uscita. Ho letto interviste di Berlusconi e Renzi in cui si diceva: un anno al massimo e poi al voto. Per le riforme che si devono fare è invece giusto che questo esecutivo duri non meno di due anni». 

Presidente Rossi, quali riforme? 

«Eleggendo nuovamente Napolitano abbiamo rotto con una convenzione mai interrotta. E` un dato storico che rimanda a una situazione d`emergenza. La conseguenza è che ora non si deve finire nei giochini. Con il Presidente siamo in mani sicure». 

Il prossimo passo è il governissimo? 

«Non parlerei di governissimo, ma di alleanza tra forze politiche per una scelta di emergenza. C`è una crisi di sistema, si faccia un governo che deve avere al centro il tema delle riforme.Altrimenti rischiamo il collasso democratico e rafforziamole formazioni politiche che, a partire dal M5S, hanno come obiettivo esplicito la disarticolazione del sistema istituzionale.». 

Con quale programma? 

«Non basta la riforma elettorale. Dobbiamo prendere in considerazione il semipresidenzialismo. E, se si ragiona di semipresidenzialismo, il tema del conflitto d`interessi diventa una questione serissima». 

Con Berlusconi al governo? Un`impresa complicata... 

«Qui "si parrà la nobilitate" di tutti, per dirla con Dante. Il conflitto d`interessi diventa un tema a cui non si può derogare». 

La base del Pd capirà un accordo di governo con il Cavaliere? 

«E` un governo con il Pdl. E con Berlusconi, certo. Se servirà a fare le riforme, potremo spiegarlo. Altrimenti ci rivolgeremo di nuovo al Paese. E comunque alla fine di questo percorso si torna a una competizione normale». 

Lei sembra preferire un governo davvero politico

«Un governo con una forte intensità politica, con il Pd che non sta al rimorchio». 

Con dentro ministri democratici? 

«Sì. Ora naturalmente la scelta tocca a Napolitano, questa è stata la nostra decisione». 

Con quale premier: Renzi, Amato o Enrico Letta? 

«Sono tutti e tre toscani, con tre caratteristiche diverse...». 

Non si sbilancia. Ma se il governo dura due anni, Renzi resta in panchina? 

«Di fronte a questo progetto nessuno sta in panchina, tutti devono sostenerlo». 

Cos`altro dovrà riformare questo governo di larghe intese? 

«Dobbiamo differenziare le due Camere e rendere meno costoso il sistema. Abolire le Province. Si affrontino le questioni sociali. E occorre ridiscutere il finanziamento pubblico: una percentuale ridotta va mantenuta. Regolando quello privato». 

Che fine fa il Pd? 

«Va riformato piuttosto che rifondato. E si distingua per statuto il ruolo di segretario da quello del candidato premier».

Fonte: La Repubblica

mercoledì 24 aprile 2013

PER NON DIMENTICARE...



COORDINAMENTO PD COSTA D'AMALFI

Governo, Enrico Letta accetta con riserva.


Governo, Enrico Letta accetta con riserva.
Alfano avverte: "Non ci sarà altro caso Marini"

E' il vicesegretario del Pd la personalità scelta dal presidente della Repubblica per guidare il nuovo esecutivo. Dal Pdl avviso ai democratici: "Non daremo il sostegno a uno di loro cui loro non daranno un sostegno reale, visibile". La replica del vicesegretario: "Governo non nascerà ad ogni costo"


ROMA - "E' una responsabilità che sento forte sulle mie spalle. E se posso permettermi, la sento più forte e pesante della mia capacità di reggerla". Con queste parole Enrico Letta ha comunicato al Quirinale di aver accettato con riserva l'incarico di formare un nuovo governo ricevuto da Giorgio Napolitano. "Ma mi metto con grande determinazione al lavoro perché penso che il paese abbia bisogno di risposte", ha aggiunto il vicesegretario dimissionario del Pd.

IL VIDEO RITRATTO

"Il mio grande impegno - ha proseguito - sarà a far sì che da questa vicenda possa uscire una politica italiana diversa con riforme istituzionali per ridurre il numero  dei parlamentari, cambiare il bicameralismo e una nuova legge elettorale". "Sarà un governo di servizio al paese, l'obiettivo è anche quello di moralizzare la vita pubblica del paese che ha bisogno di nuova linfa", ha sottolineato ancora Letta. "Cercherò di utilizzare il più breve tempo possibile", ha assicurato, rifiutandosi di dare qualsiasi indicazione sui nomi di possibili ministri.

Il premier incaricato ha quindi ringraziato i suoi "sfidanti". "Il mio nome è stato associato ad altri due toscani, quelli di Renzi e Amato - ha detto - Nel ringraziarli per le parole espresse in questi minuti voglio confermare che il rapporto tra di noi sarà molto utile anche per aiutarmi a individuare le parole per parlare al Paese e anche per trovare i contenuti giusti".

"Se si rivotasse ora l'effetto blocco sarebbe uguale a quello attuale e non ce lo possiamo permettere. Ecco perché faccio un appello alla responsabilità di tutte le forze politiche in Parlamento perchè facciano tutte insieme quelle riforme necessarie come la riduzione dei parlamentari e la legge elettorale"., ha proseguito Letta. Poi, rispondendo ad una domanda sulle condizioni poste dal Pdl, Letta ha precisato che "questo governo non nascerà a tutti i costi".

Dal Pdl in mattinata era arrivato infatti l'ennesimo avvertimento ai democratici. "E bene chiarire al Pd che per noi non ci sarà un nuovo caso Marini, non daremo il sostegno a uno di loro cui loro non daranno un sostegno reale, visibile e con un programma fiscale chiarissimo ed inequivocabile", dice Angelino Alfano. "Se si tratta di un governicchio qualsiasi, semibalneare, lo faccia chi vuole, ma noi non ci stiamo", precisa il segretario. 

"Bene, benissimo", è stato il commento dell'ex segretario del Pd Pierluigi Bersani entrando alla sede del partito. Soddisfatto si è detto anche il principale "concorrente" di Letta, Giuliano Amato. Un augurio di "in bocca in lupo" è arrivato poi da Matteo Renzi via Twitter.

Saluta in maniera positiva l'incarico ad Enrico Letta anche l'Udc. "Avrà un compito difficile. Lui è un uomo molto preparato che ha esperienza anche internazionale.
E' una scelta significativa, un rinnovamento nella certezza", afferma Pier Ferdinando Casini. "Bisogna ora che si abbassi il tasso di pretesa di tutti i partiti e si possa partire", aggiunge.
 (da Repubblica.It)

Pd, Bersani conferma dimissioni in Direzione.


Pd, Bersani conferma dimissioni in Direzione.
Ipotesi premier, solo Ranieri propone Renzi

Sfogo del segretario nel giorno dell'addio: se non rimuoviamo il problema rischiamo di non reggere nelle prossime settimane, nel partito persistono anarchismo e fedualizzazione". L'organismo democratico approva il pieno appoggio al tentativo di Napolitano con soli 7 voti contrari e 14 astensioni. Silenzio sulla possibilità di proporre il nome del "rottamatore". Franceschini: "Dobbiamo governare con il Pdl"


ROMA - Il Pd incassa le dimissioni e lo sfogo del segretario Pierluigi Bersani, accetta l'ipotesi di un governo politico in collaborazione con Silvio Berlusconi e implicitamente rinvia il momento della discesa in campo di Matteo Renzi. E' questo l'esito della attesa direzione del partito, chiamata a discutere l'addio del suo leader, il caos scoppiato con le elezioni per il Quirinale el'atteggiamento da tenere davanti al richiamo del capo dello Stato a dare al Paese un governo di larghe intese.

Ok al governissimo. Una direzione conclusasi con l'approvazione a larghissima maggioranza di un documento che offre "pieno sostegno al tentativo di Giorgio Napolitano" e "mette a disposizione le proprie forze e le personalità del partito utili a formare il governo". I voti contrari sono stati solo sette, mentre le astensioni 14.

L'amarezza dell'ex leader. Ad aprire i lavori era stato invece Bersani per confermare il suo passo indietro. "Non voglio indagare sulla logica di quanto accaduto, lasciamocela alle spalle questa cosa. Ho visto ieri Le Monde che titolava 'Colpito Prodi per affossare Bersani', forse in Europa non sanno che qui abbiamo missili a testata multipla. Ma lasciamoci alle spalle questa cosa. Non voglio replicare, e potrei farlo sulle giustificazioni. Se ci sono degli irresponsabili la responsabilità è del responsabileCapite che non posso assolutamente accettare una cosa del genere. Ma quelle stesse giustificazioni, al di là di quel che può disturbare me, le trovo pericolose per la ditta, perché rimuovono un problema di fondo che se non verrà preso di petto si riproporrà fino a esiti letali. E' per per questo che confermo qui le mie dimissioni", si è sfogato l'ormai ex segretario.

Richiamo alla realtà. Il discorso di Bersani è stato tutto improntato ad un richiamo alla realtà, ad evitare la rimozione dei gravissimi limiti dimostrati dal Pd. "A questa prima prova - dice l'ormai ex segretario - non abbiamo retto e se non rimuoviamo il problema rischiamo di non reggere nelle prossime settimane, per un problema che non attiene alla scelta che si fa ma alla possibilità eventuale di fare davvero in modo efficace una scelta". "Dal Lingotto a oggi abbiamo avuto una grande responsabilità e dei problemi - insiste - Oggi dobbiamo trovare un principio d'ordine, diversamente non possiamo essere utili a questo paese".

Tra anarchici e baroni. Bersani parla quindi di "anarchismo e feudalizzazione che persistono", di un "problema grave di permeabilità e perdita di autonomia fino a essere inservibili per il Paese". "Non si pensi che quel che è successo per il presidente della Repubblica è un episodio - avverte - C'è qualcosa di strutturale, e qui c'è il vero dramma: tutto avviene davanti a un paese che è nei guai".

Il trio per le consultazioni. Il segretario dimissionario ha proposto quindi che la delegazione incaricata di salire Quirinale sia composta dai capigruppo Luigi Zanda e Roberto Speranza e dal vicesegretario Enrico Letta. La Direzione ha poi discusso un documento nel quale si esprime "pieno sostegno a tentativi Napolitano" di formare un governo "secondo linee illustrate nel discorso di insediamento del capo dello Stato".

Franceschini rivendica il no a Rodotà. Scelta illustrata da Dario Franceschini tirando la volata al "governissimo". "Non possiamo battere i pugni sul tavolo e mostrare i muscoli", si giustifica l'ex presidente dei deputati democratici. "Abbiamo davanti a noi la prima vera scelta politica da quando è nato il Pd. Non siamo più in uno schema bipolare ma tripolare e se hai il 28% dei voti e la maggioranza dei seggi, non possiamo battere i pugni sul tavolo e mostrare i muscoli" e un gruppo dirigente deve spiegarlo. "Dobbiamo fare il governo con il Pdl perché la storia ci ha portato a questo bivio", conclude Franceschini. Che poi spiega finalmente il no a Rodotà: "Se l'idea è che la piazza, 5 mila, 50 mila, 500 mila persone, impongano al Parlamento un presidente che ha la sua legittimazione nella piazza, non ci sarebbe andato bene anche se fosse stato candidato San Francesco", dice Franceschini. Sulla linea favorevole al via libera ad un governo politico con Berlusconi anche Anna Finocchiaro e Franco Marini, che ha chiesto al partito di proporre per la squadra di governo "i suoi uomini migliori". 

I distinguo di Orfini. Tra gli interventi critici quello di Matteo Orfini (che alla fine ha votato contro), più volte contestato dalla platea. "A me il documento che ci si chiede di votare mi pare che sia una cessione di sovranità. Esattamente l'opposto di quello che ci ha chiesto Giorgio Napolitano". Il "giovane turco" Orfini invita a "mettere dei paletti" nel processo di formazione dell'esecutivo per chiarire "quali sono le responsabilità che il Pd, se vuole essere un partito, ha il dovere di prendersi. Altrimenti è un'altra cosa. Dobbiamo specificare fino in fondo quello che andiamo a dire al presidente della Repubblica". Contrariamente alle indiscrezioni della vigilia, da Orfini nessun accenno però alla possibilità di indicare Renzi come possibile premier incaricato. 

Rosy Bindi frena sulle larghe intese. Su posizioni critiche simili a quelle di Orfini, l'intervento di Rosy Bindi che chiede un governo di "scopo, di bassa caratura politica". "C'è spazio per dire questo?", si chiede. E spiega: "Non è stessa cosa convincere il Paese, non dico i nostri circoli, che è cosa buona sostenere un governo con alcuni obiettivi o sostenere un governo in cui i rappresentanti delle forze politiche siedono allo stesso governo, io vorrei capire cose votiamo stasera. Se votiamo un governo del presidente con guida istituzionale che ci vede impegnati a sostenere voto a favore, se votiamo - avverte la presidente dimissionaria - qualcosa in cui non è chiaro che la nostra responsabilità continua ad essere  distinta dalla nostra alternatività ho qualche problema". Linea sostanzialmente condivisa da Laura Puppato.

Le domande di Serracchiani. Molto critica anche Debora Serracchiani, fresca vincitrice delle elezioni in Friuli Venezia Giulia. "Vogliamo una spiegazione - esordisce - vorrei capire perché sono state fatte due direzioni nazionali in cui si era detto no al governissimo, per poi fare un accordo sul nome di Franco Marini, non si è capito se su un accordo con Berlusconi; vorrei capire il no a Prodi, il no a Rodotà e come siamo arrivati al presidente Napolitano. Lo vorrei capire per poterlo spiegare. Non sto dicendo che non le condivo o le contrasto, ma vorrei mi venissero spiegate".

Salta la carta Renzi a Palazzo Chigi. Il tam tam delle ultime ore aveva insisitito sul possibile lancio della candidatura di Matteo Renzi a premier incaricato, ma la direzione in realtà non ha affrontato l'argomento. A proporre il sindaco di Firenze è stato solo Umberto Ranieri. "Sarebbe una scelta coraggiosa - dice - che risponderebbe ad una domanda politica, un passo importante nella ricostruzione del rapporto tra politica e cittadini. Spero che a Renzi non manchi la consapevolezza della complessità dell'impresa ma d'altra parte il sostegno a Renzi anche da chi lo criticava è il segno che si può trovare un unità vera e non strumentale".  Del resto facendo il suo ingresso alla riunione era stato lo stesso "rottamatore" a frenare:  "La mia è l'ipotesi più sorprendente e meno probabile. Non credo sia sul tappeto. L'importante è che un governo ci sia", aveva risposto Renzi.
(da Repubblica.It)

venerdì 19 aprile 2013

Prodi candidato all'unanimità


Prodi candidato all'unanimità



urna elezioni presidente  urna_presidente
La proposta di Pier Luigi Bersani per Romano Prodi al Quirinale è stata approvata questa mattina all'unanimità dall'Assemblea dei grandi elettori del Pd. 

“La candidatura di Romano Prodi è senza dubbio ottima. Prodi è il fondatore dell’Ulivo; rappresenta una delle migliori stagioni di governo del centrosinistra ed ha indiscutibili profilo e credibilità internazionali” ha dichiarato Andrea Martella vicepresidente del Gruppo Pd alla Camera dei Deputati.

lunedì 15 aprile 2013

Pd, Finocchiaro: "Renzi miserabile, non ha le qualità da uomo di Stato"


Indignata replica della senatrice, che il sindaco di Firenze ha giudicato, assieme a Franco Marini, improponibile al Quirinale dopo la foto che l'ha mostrata da Ikea con la scorta. "Inaccettabile e ignobile che simile attacco venga da un esponente del mio stesso partito. Chi si comporta così potrà anche vincere le elezioni, ma non ha qualità umane" da leader politico


Pd, Finocchiaro: "Renzi miserabile,  non ha le qualità da uomo di Stato"
La senatrice del Pd Anna Finocchiaro
ROMA - "Non mi sono mai candidata a nulla. Conosco bene i miei limiti e non ho mai avuto difficoltà ad ammetterli. Ho sempre servito le istituzioni in cui ho lavorato con dignità e onore, e con tutto l'impegno di cui ero capace, e non metterei mai in difficoltà nè il mio Paese, nè il mio partito. Trovo che l'attacco di cui mi ha gratificato Matteo Renzi sia davvero miserabile, per i toni e per i contenuti".

Questa l'indignata replica della senatrice del Pd, Anna Finocchiaro, alle dichiarazioni con cui il sindaco di Firenze Matteo Renzi ha definito lei e Franco Marini non candidabili al Quirinale. "Trovo inaccettabile e ignobile - prosegue - che (simile attacco, ndr) venga da un esponente del mio stesso partito. Sono dell'opinione che chi si comporta in questo modo potrà anche vincere le elezioni, ma non ha le qualità umane indispensabili per essere un vero dirigente politico e un uomo di Stato".

Con Franco Marini, Anna Finocchiaro è stata oggetto di un preciso passaggio dell'intervista rilasciata dal sindaco di Firenze al Tg5. In cui, il "rottamatore" boccia entrambi i nomi nella corsa al Quirinale perché la condizione di base è che ci vuole un candidato che "coinvolga la maggioranza più alta possibile". Condizione che, secondo Renzi, non è rispettata proponendo Marini e Finocchiaro. Marini, perché senatore bocciato dagli elettori abruzzesi alle ultime elezioni, mentre la Finocchiaro è improponibile dopo la diffusione della foto che la ritrae intenta a fare compere da Ikea mentre gli uomini della scorta spingono il carrello.
(da Repubblica.It)

venerdì 12 aprile 2013

Il manifesto di Barca per il Pd. "Non c'è democrazia senza partiti robusti"


Il manifesto di Barca per il Pd.
"Non c'è democrazia senza partiti robusti"

Il ministro per la Coesione Territoriale si iscrive ai Democratici e illustra il suo programma per il rinnovamento del partito


ROMA - "Non ci può essere democrazia senza dei partiti robusti che vivano non solo nelle stanze del governo, ma vivano nei territori". Fabrizio Barca, ministro per la Coesione Territoriale, presenta a Rainews24 il 'manifesto' per il nuovo partito. Una "memoria" di 55 pagine che parte con un assunto peronale: "Da questi 16 mesi di governo ho tratto una lezione: manca il partito. Ci vuole una nuova forma di partito per avere un buon governo". Ma precisa: "Non è un altro partito, perchè altrimenti non mi sarei iscritto al Pd come ho fatto ieri pomeriggio. E' il convincimento che i partiti e quel partito abbiano nelle mani buona parte delle sorti del nostro paese".

Un programma, quello del ministro, che ha suscitato entusiasmo da più parti, al punto che su Twitter si è già formato il gruppo "Pazzi X Barca", che ha raggiunto 754 follower e più di mille tweet.

"Non è possibile esercitare una funzione di governo - ha spiegato Barca - in un Paese che ha bisogno di una radicale trasformazione della macchina pubblica, perchè sono evidenti le difficoltà degli investimenti pubblici, l'accumulo dei debiti pregressi per le imprese, la difficoltà di realizzare interventi per il sociale, di presidiare 
profili di esclusione sociale gravissimi nelle aree dell'infanzia e degli anziani, queste questioni hanno bisogno di una pressione sociale canalizzata sotto forma di proposte non solo a Roma, ma nei territori da partiti". 

"Non solo in Italia ma anche negli altri paesi i partiti - ha spiegato ancora Barca -  hanno finito per essere l'espressione dei ceti medi urbani, anche assecondandone molti vizi. Quando il presidente di Confindustria Squinzi dice che è uscito di scena il manifatturiero, il pendant di questo è che è uscito di scena il lavoro operaio. Non è una questione di fare un passo indietro, di tornare all'operaismo, ma di fare un passo avanti. In un paese come il nostro in cui l'industria è il cuore della nostra economia, allora il cuore dei movimenti deve tornare ad essere anche il lavoro operaio".

Le pagine del manifesto sono dedicate dunque a suggerire la funzione e i tratti di una nuova forma partito che permetta il buon governo. Barca divide il corposo testo in capitoli: Sei passi verso il buon governo, Stato arcaico e partiti Stato-centrici, Quale governo della cosa pubblica?, Per innovare la macchina pubblica servono i partiti, Quale partito? Il partito nuovo, Motivazioni per impegnarsi nel partito nuovo e specificità dei giovani, Interrogativi su regole e organizzazione. Infine "Addendum.
Convincimenti di un partito di sinistra: esercizio di scrittura". Una nota finale per chiarire il concetto di "che cos'è la sinistra". 

Un documento aperto, in linea con Bersani e moderatamente critico verso Renzi, concepito come un work in progress verso il Congresso. L'intento di Barca è, infatti, quello di entrare nel gruppo dirigente. L'idea di fondo è quella di "fare squadra": Il Pd, la sinistra e Sel hanno bisogno di fare squadra, non ovviamente a costo di un compromesso, non se non c'è un 'sentimento' di squadra", ha spiegato.  "Serve il superamento di due cose: l'idea tecnocratica, cioè pensare che 'il cosa fare' lo sappiano 15-20 persone, e l'altra secondo la quale ormai siamo in un mondo in cui tutti sanno cosa fare e veniamo convocati tutti davanti al computer e basta fare un referendum. Si tratta di due visioni sbagliate".
(da Repubblica.It)